11 maggio 2007

Piratato lo yoga

Pare che in America siano stati approvati 134 brevetti e 2135 marchi che coprono svariati elementi dello yoga. Morale della favola: gli americani si sono appropriati dell'antica sapienza indiana, tramandata da millenni e pretendono soldi da chi ne fa uso, protetti dalle raccapriccianti leggi sulla proprietà intellettuale degli USA.
(via Luca De Biase)

Tra i tanti aspetti orripilanti di questa notizia è che yoga, in sanscrito, significa "unione". Gli indiani credono in una mente universale di cui tutti siamo parte e tutti hanno accesso alla sua conoscenza. Ne consegue che il termine "proprietà intellettuale" per gli indiani è un ossimoro: l'intelletto, per definizione, non può essere proprietà di nessuno (tant'è che in India, le copie di opere dell'ingegno vengono vendute senza alcun problema di copyright).

Si calcola che nel mondo occidentale, ogni anno vengano concessi 2000 brevetti piratati dalla medicina indiana tradizionale. Viceversa l'India ha prodotto per decenni farmaci generici a basso costo senza pagare royalty alle aziende farmaceutiche che ne detenevano il brevetto. Tali farmaci a bassissimo costo venivano venduti in paesi in via di sviluppo contruibuendo a salvare decine di migliaia di vite umane.

Ma nel 2005 l'Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO) costrinse l'India ad emanare leggi a difesa della proprietà intellettuale (occidentale), rendendo così illegale produrre farmaci generici coperti da brevetto. Col risultato che gli oltre 6 milioni di indiani malati di AIDS si ritrovarono senza medicinali alla portata della loro borsa.

Ok, business is business. Ma la decenza vorrebbe che il sistema di regole non fosse double-face: se si pretende il rispetto della "proprietà intellettuale" delle aziende di un paese, non si capisce perchè si consente di depredare la "proprietà intellettuale" vecchia di millenni di un'altra, costringendola a pagare royalty per l'utilizzo di conoscenze che le appartengono dalla notte dei tempi.

"Piratato lo yoga" Compilation

(ON TUESDAY SHE USED TO DO) YOGA - Peter Hammill
BALLATA INDIANA - Nini Rosso
LA PROPRIETA' NON E' PIU' UN FURTO - Ennio Morricone
INDIA - Los Paraguayos
SONO UN PIRATA SONO UN SIGNORE - Julio Iglesias
NUDA PROPRIETA' - Renato Zero
IL PIRATA - Vincenzo Bellini
LADRO - Equipe 84
PRIVATE PROPERTY - Ringo Starr

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Pur senza entrare nel merito dello yoga, mi pare che il problema dei brevetti e della loro tutela transnazionale ed internazionale stia diventando un freno allo sviluppo ed un volano di crescita incontrollata del costo (e, dunque, anche del prezzo) delle merci, la cui produzione si basi sullo sfruttamento di brevetti. E se - dispiace un po' dirlo, ma è così - possiamo "fare spallucce" dinanzi alla rapace brevettazione delle figure dello yoga o delle icone di windows, mi pare eticamente meno commendevole disinteressarsi delle perversioni indotte dalla brevettazione in materia di farmaci.
Senza avventurarmi oltre in un discorso estremamente complesso e che non padroneggio sufficientemente per poterlo semplificare ad usum delphini, mi limito qui a segnalare - per chi abbia voglia e tempo di leggerlo - un bellissimo libretto (di poco meno di 140 pagine) di Vandana Shiva. Si tratta de Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, 2002. Lo lessi qualche anno fa (poco dopo la sua pubblicazione) e ne rimasi letteralmente impressionato. Di un qualche interesse, poi, penso possa essere anche il classico libro di Jeremy Rifkin, L'era dell'accesso, Mondadori, 2000, in alcuni capitoli del quale si parla dell'economia della conoscenza e dei suoi molti problemi.

Wods Katzenschwarz ha detto...

Pues la verdad es que a mí no me da por practicar esas cosas y tienes razón, a muchos les da por creer esas cosas.
Io non posso credere in questa cosa della yoga.

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