06 dicembre 2007

La politica della paura

Ieri in Parlamento è stato bocciato il decreto governativo voluto da una parte della maggioranza sulla "Sicurezza". Non vogliamo entrare nel merito del (miserabile) provvedimento che il governo si appresta a varare. Ma fare qualche riflessione, sgangherata come al solito, su come il tema della sicurezza viene utilizzato biecamente dai politici di tutte le risme.

Che ormai la percezione dell'insicurezza, e conseguentemente della paura, venga artatamente alterata nella gran parte della popolazione occidentale non dovrebbe essere un mistero. Ed invece tutti noi pare che ci caschiamo in pieno. Vi propongo la lettura di questo splendido articolo comparso sulle pagine de IlSole24ore edizione online. Ma leggetelo solo se riuscite a togliervi i paraocchi con cui avete guardato al tema della sicurezza sinora. Se non ci riuscite, lasciate a metà l'articolo e dedicatevi ad altro: non è cosa.

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Nella maggioranza delle persone la percezione dell’insicurezza è quasi sempre alterata, è, oserei dire, una commedia. Fra il menù medio di una mensa aziendale e il rumeno che incrociamo per strada, la prima è un killer di massa, il secondo è uno 0,1% di probabilità di esserlo.
Fate solo la proporzione fra i decessi annui per malattie cardiovascolari o tumori all’apparato digerente e quelli per mano di assassini stranieri e capite subito di cosa parlo. E non mi si dica che l’alimentazione al lavoro è una scelta del cittadino mentre il ceffo straniero no, poiché sappiamo tutti che la presenza degli immigrati nel nostro Paese è tanto una nostra scelta/necessità quanto quella di mangiare di corsa cibi preconfezionati. Esistono fisiologicamente insidie nei primi quanto nei secondi.
Eppure quel tizio losco ci fa paura mentre la fettina con mozzarella su un lago di sugo al glutammato no. E così è in tante altre componenti del nostro vivere: per numero di morti e feriti il semaforo rosso violato batte il rumeno cattivo 1000 a 1; il fumo passivo, i drink serviti in discoteca, le polveri fini, le infezioni/errori ospedalieri letali ma occultati, la diagnostica tardiva per liste d’attesa, gli indulti fraudolenti… battono qualsiasi ceffo straniero con punteggi umilianti, e sono tutti fenomeni in cui le vittime non sono certo consenzienti. Ma è lui, il (presunto) migrante cattivo, a terrorizzarci.

Passo al successivo quesito di Colombo, e cioè se informazione e politica aiutino ad avere la giusta percezione della sicurezza. No, ovviamente, per il semplice motivo che se lo facessero dovrebbero poi accettare di sovvertire in ogni suo anfratto la struttura stessa del nostro vivere. Non lo vogliono loro, e meno di loro lo accettiamo noi cittadini. E poi l’ex magistrato ci chiede se il tema del pericolo comune sia affrontato per il rilievo che ha o se succede talvolta che sia enfatizzato per scopi che con la sicurezza del cittadino hanno poco a che fare. Ebbene, la manipolazione del rischio, e di conseguenza della nostra paura, è divenuto uno dei più fiorenti business della fine del XX secolo e del nuovo millennio. Oltre alla nascita di una vera e propria industria della security (dagli ammenicoli per la casa prodotti da aziendine locali ai colossi come l’americana Blackwater), abbiamo assistito al trionfo della Politica della Paura, e cioè di quel giochetto gestito dai governanti che consiste nel pompare minacce reali ma obiettivamente contenute fino alla psicosi di massa, con la solita complicità dei media come sempre acritici e asserviti al potere.
La Guerra al Terrorismo dopo l’11 di settembre 2001 ne è un esempio strepitoso. Il maggior studio oggi disponibile dedicato al fenomeno suicida islamico, ci dice che il totale dei morti da ascrivere ad al-Qaeda dal 2001 alla fine del 2005 è stato di circa 3.700 in tutto il mondo, di cui, come è noto, quasi 3.000 in un solo episodio e il resto distribuito in quattro anni su quattro continenti (Iraq e Afghanistan esclusi in quanto teatri di guerra a tutti gli effetti). L’Occidente in particolare, nel medesimo periodo, ha visto solo 71 attentatori suicidi in azione contro di esso.1

Ciò dimostra due cose. Primo, che la letalità complessiva per gli occidentali degli ‘islamofascisti’ impallidisce di fronte a quella di un singolo farmaco fraudolentemente approvato, il Vioxx (un inibitore Cox-2 della Merck di cui l’azienda conosceva i pericoli), ritenuto oggi responsabile di qualcosa come 35.000-55.000 morti solo negli USA e in un periodo che ricalca esattamente quello del maggior attivismo di al-Qaeda.2
Secondo, che il loro esercito è sparuto a dir poco.
Confrontate quei numeri con il panico da apocalisse imminente sparato a tutto gas dagli spin doctors della Casa Bianca e di Downing Street, come Thomas Friedman o Alan Dershowitz o Alastair Campbell, ma anche dal nostro implacabile master of doom Magdi Allam, in un balletto semaforico impazzito di allarmi gialli, rossi, verdi, blu, e con la fola delle migliaia di cellule dormienti di micidiali kamikaze islamici che certamente sarebbero entrate in azione in tutto l’Occidente scatenando decine di 11 settembre. Grazie a Dio nulla di ciò è accaduto, mentre morivamo come mosche per la sete di lucro di una multinazionale farmaceutica.
Ma qualcuno ha mai sentito Bush, Blair o Prodi dichiarare una Guerra al Farmaco selvaggio o all’informatore farmaceutico stragista? No, la Politica della Paura, come tutta la politica, non prevede la verità obiettiva dei fatti.
Ai tre rimanenti quesiti di Colombo mi sento di rispondere così: il guaio sta tutto nel fatto che in questo torbido problema di immigrazione e sicurezza nessuno degli attori vuole dire la verità. Mentono tutti, e così si va al disastro.
Gli attori sono: i nostri pubblici amministratori, i gruppi di immigrati sotto accusa, i media, i cittadini del Paese ospite.
Mi sbarazzo subito degli ultimi due. I giornalisti mentono perché quello è divenuto il loro mestiere, salvo casi peregrini ahimè, e altro non vale la pena aggiungere qui. I cittadini italiani sono mendaci quando negano un’evidenza che hanno stampata negli occhi da tempo: e cioè che senza immigrati, regolari ma anche clandestini, questo Paese sarebbe in guai seri. Chiuderebbero le cucine della maggioranza dei ristoranti, non sapremmo più come raccogliere frutta e verdura, come pulire i nostri uffici, i nostri anziani non autosufficienti sarebbero allo sbando, e tanto altro.
I nostri pubblici amministratori invece nascondono alla cittadinanza che soluzioni nazionali al problema immigrazione e sicurezza semplicemente non esistono. Proprio nel senso che è inutile persino ventilarne, perché gli aspiranti immigrati sono troppi, troppo disperati e impossibili da fermare. Le cretinate della destra italiana in tema di soluzioni equivalgono letteralmente a chi volesse difendersi dalle zanzare nelle valli comacchiesi spiaccicandole al muro con la palettina.

Ciò che invece andrebbe fatto da un governo responsabile (e morale) è di raccontare agli italiani come sia accaduto che miliardi di persone al mondo siano state ridotte a tali livelli di disperazione economica da rischiare qualunque orrore pur di sfuggire alla miseria. La verità, qui, significa ammettere, e letteralmente raccontare ai cittadini attraverso i media, che il pane di tanti stranieri ce lo siamo mangiato noi sottraendoglielo a casa loro, riducendoli alla fame, quando non ammazzandoli. E cioè che il nostro imperante Neoliberismo, con l’Organizzazione Mondiale del Commercio, la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, la Commissione Europea, il Fondo Europeo di Sviluppo, gli EPA (Economic Partnership Agreements), gli accordi bilaterali di libero scambio, i cosiddetti aiuti al Terzo Mondo, e tanti altri meccanismi da noi escogitati, sono responsabili di crimini inauditi contro quell’umanità dolente, crimini al cui confronto l’Olocausto nazista è, senza esagerare, una piccola cosa. Le cifre annue in termini di malnutrizione, di morti per fame e malattie o per le guerre che il Neoliberismo sostiene, non lasciano dubbi in proposito.3
Gli abbiamo tolto tutto, incluso il diritto all’autodeterminazione, alla gestione della propria economia, gli abbiamo legato le mani e i piedi e li abbiamo pure massacrati a volte, e quando alla fine i depredati approdano da noi a chiederci le briciole, solo le briciole di ciò che era loro, noi facciamo le Bossi-Fini, i decreti Veltroni e li odiamo anche.

Prego, Dottor Sottile, lei che queste cose le sa benissimo, le snoccioli sulla prima pagina del «Corriere della Sera» invece di turlupinarci. Racconti anche come i suoi illustri colleghi, Jeffrey Sachs (il gran cerimoniere della transizione della Polonia al Libero Mercato) o Joseph Stiglitz (ex capo economista della Banca Mondiale), ci stanno oggi spiegando il perché della crescente disperazione dei cittadini dell’Est Europa, che dai soffocanti regimi comunisti sono passati al sadismo del Libero Mercato. Ci sono dati sul crollo degli standard minimi vitali da far accapponare la pelle, in Russia, in Ucraina, in Polonia, in Moldavia, in Romania, e tutti a partire dal 1989 in poi, ma il «Corriere» mai e poi mai che ce li snoccioli. Quello che ci raccontano sono altri dati, quelli sulla crescita economica dell’Est europeo, tutti meravigliosamente promettenti, ma sapete come li calcolano? Da seduti nelle suite a cinque stelle di Mosca o di Praga, o nei Ministeri, e senza mai ficcare il naso in una singola casa moldava o fare una singola domanda a una badante ucraina. Li ho visti in azione questi “sicari economici”,4 a Lusaka, a Dar es Salaam, che raccontavano al «Financial Times» quanto crescessero le economie africane, mentre io in Tanzania in un distretto di 600.000 abitanti trovai un solo ambulatorio con una sola siringa di vetro per tutti, e, mi dissero, le cose andavano peggiorando.

Romano Prodi dovrebbe raccontare a Porta a Porta del ricatto che la sua Commissione Europea (CE) tentò nell’aprile del 2002 durante i negoziati cosiddetti GATS sulla liberalizzazione dei servizi, dove a Paesi come la Malesia, il Messico, l’India o l’Indonesia veniva ingiunto di svendere i gioielli di casa alle nostre società multiservices, ricattandoli con lo strapotere dei sussidi miliardari all’agricoltura europea che schiaccia la loro (in India il tasso di suicidi fra i contadini è epidemico). E mentre lo stesso Prodi mantiene oggi zeppi i nostri CPT (centri di permanenza temporanea) con gli immigrati africani o curdi in miseria, e colpevoli di aver tentato una migrazione da Paese a Paese, la sua CE infilò nei sopraccitati negoziati una clausola sull'intra-corporate labour mobility, che tradotto significava libera migrazione ovunque per gli Yuppies aziendali europei, ma non per il panettiere del Burkina Faso.5
Giuliano Amato, e i sindaci delle nostre città, dovrebbero dire il vero, e cioè guardare in faccia gli italiani e chiedergli: "Se voi aveste dovuto vendere il primo figlio in schiavitù per nutrire il secondo, e se ora vi toccasse di vendere anche quest’ultimo per non farlo morire di diarrea, cosa fareste? Rimarreste lì dove siete o tentereste di andarvene?" oppure "Se voi foste i gestori di una panetteria a Tunisi e un cugino del dittatore Ben Ali entrasse in bottega e vi dicesse ‘da oggi io sono il tuo socio di maggioranza, se no sono bastonate’, cosa fareste? Rimarreste lì?" o ancora "Se vostro padre nel villaggio romeno avesse un cancro alla prostata e stesse urlando di dolore giorno e notte senza traccia di morfina né di cure decenti, e se i vostri figli avessero la grappa come unica alternativa alla disoccupazione, cosa fareste? Stareste lì ad ascoltare i gemiti e a vedere la vostra prole diventare cirrotica a trent’anni?". Ed è questo il motore dell’immigrazione, l’unico esistente. Che ce lo dicano i politici, chiaro e tondo.
Le soluzioni sono unicamente internazionali, e cioè basta con questa rapina che si chiama Libero Mercato. Cittadini europei, volete risolvere il degrado da immigrazione? Fermate il flusso dei disperati, che inevitabilmente porta con sé elementi rabbiosi, psicotizzati, pericolosi, e sempre li porterà, poiché è assai più facile diventare bestie quando dall’età di 2 anni si vive in condizioni da animali. Ma questo significa che dobbiamo accettare di pagare i prezzi per un mondo meno in disequilibrio, significa restituire il maltolto, punto.
La “botte piena e la moglie ubriaca” è la filosofia assurda del Libero Mercato, e cioè “rapiniamo le risorse di milioni di persone, sfruttiamole nei cantieri da noi o negli sweat shops da loro, ma che poi non ci vengano a rompere le balle”. Così non è sostenibile. O ci teniamo il nostro furto e la loro immigrazione, oppure optiamo per la restituzione della ricchezza sottratta (permettendogli un reale sviluppo) e per la pace, pagandone il prezzo. Il furto e la tranquillità insieme non li possiamo avere, spiacente. La scelta è nostra, e questi sono i veri termini del dibattito sull’immigrazione e sulla sicurezza.

Infine, mentono anche alcune comunità di stranieri cosiddetti problematici, i quali non accettano una verità lampante: il fatto che a parità di status sociale qui in Italia, di povertà originaria e di diversità, alcune etnie o nazionalità di migranti sono meglio accettate di altre. I Rom non si raccontano, e non ci raccontano, la verità sul perché il loro tasso di non-gradimento da parte degli italiani è pressoché totale, mentre i filippini hanno lo stesso tasso ma di segno completamente opposto. Perché?
Se è vero che – in attesa di soluzioni lungo le linee tracciate in precedenza, di un sistema carcerario che sappia riabilitare e non abbruttire, e di politici capaci di dirci il vero – va urgentemente affrontato il problema dello scontro fra certe culture presenti in Italia e la nostra, allora chiamiamoci tutti al centro. Significa proporre alle comunità di immigrati più problematici di farsi carico di verità scomode su se stessi, e agli italiani di fare la stessa cosa. Ai Rom in particolare direi: riconoscete che sovente il vostro collante socioeconomico è la brutalizzazione delle donne e dei bambini, perché senza di essa non potreste tenerli in strada a rubare, a mendicare, e a prendersi insulti e rancore dalla mattina alla sera. Agli italiani dico: offrite un’accoglienza decente a costoro, alloggi, scuole, sanità, lavori, in cambio dell’adesione di tutti a principi compatibili col rispetto dei cittadini e dei diritti umani fondamentali. Se poi nonostante questa offerta di incontro al centro una delle due parti dovesse persistere negli errori o rifiutarsi di cambiare rotta, allora sapremmo almeno dove puntare il dito. E se i recalcitranti del caso fossero proprio gli immigrati, allora avremmo almeno un tantino meno torto. Ma mica tanto.

Paolo Barnard
Fonte: www.golemindispensabile.ilsole24ore.com
Link: http://www.golemindispensabile.ilsole24ore.com/index.php?_idnodo=10959&page=1
12.11.07

Note

1. Prof Robert Pape, University of Chicago, «Suicide Terrorism and Democracy: What we learned since 9/11», The Cato Institute, 2006.
2. Si vedano gli studi condotti dal dott. David Graham della US Food and Drug Administration nel 2005; il rapporto pubblicato dal «New England Journal of Medicine» nell’ottobre 2005; e l’inchiesta nello stesso periodo del «Wall Street Journal».
3. Dati disponibili tratti da: l’inchiesta I Globalizzatori, Report RAI 3, 09/06/2000, di Paolo Barnard, www.report.rai.it – Public Citizen: Trade Watch, USA – The Transnational Institute, Amsterdam, Olanda – The World Trade Organization: The Marrakech Treaty – Corporate Europe Observatory, Amsterdam, Olanda – The Economic Policy Institute, Washington DC, USA – Friends of the Earth, Bruxelles, Belgio – Corporate Watch, USA – Oxfam UK – Global Policy Forum Europe, Bonn, Germania – Institute for Policy Studies USA– et al., e da studi di autori fra cui: Joseph Stiglitz, Jeff Faux, Noam Chomsky, Greg Palast, Susan George, Richard W. Behan, Alexandra Wandel, Peter Rosset, Dean Baker, Barry Coates et al.
4. Definizione tratta dall’autodenuncia di uno di loro, l’americano John Perkins autore di «Confessions of an Economic Hitman», Berret-Koehler Inc. 2004.
5. Denuncia del Corporate Europe Observatory che ha ottenuto una copia del memorandum sul GATS della CE nel 2002, ripresa poi dal The Guardian di Londra in «A privatizers hit list», 18/04/02.

12 commenti:

Anonimo ha detto...

grazie per la segnalazione.
(desolatamente d'accordo)
vito

Anonimo ha detto...

A supporto di quello di cui dovremmo avere paura, su Repubblica del 5 dicembre:Epidemia obesità" con aumento del rischio di malattie croniche come diabete e patologie cardiovascolari. Non solo: dopo il fumo si attesta come il secondo rischio per la salute. Fin qui lo scenario internazionale, una realtà inquietante che accomuna tutti i paesi occidentali. Compresa l'Italia, dove l'obesità miete 52 mila vittime l'anno e in sovrappeso risultano un maschio adulto su due, una donna su tre e un bambino su tre. I dati sono emersi durante un convengo promosso dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM), svoltosi oggi al Ministero della Salute.

Le prime cause di morte (suicidio-omicidio, perché molto liberi di scegliere non siamo)o di insorgenza tumori, malattie cardiovascolari dipendono dal nostro stile di vita: cibo e soprattutto bbc (barbeque), fumo, inquinamnento e farmaci.

E poi si fa battaglia agli OGM, invocando il giusto principio di precauzione. Come siamo strani, ci allarmiamo per qualcosa che "potrebbe" essere pericoloso e non facciamo nulla per quello che certamente lo è. A quando una buona informazione scientifica e non solo allarmistica? Lo scandalo non è se gli OGM siano o no pericolosi per la nostra salute, ma che siano in mano alle multinazionali alimentari che li impongono agli agricoltori e li commercializzano brevettandone il marchio. Ma questo succede non solo per gli OGM, anche per la pianta spontanea equatoriale che lor signori vogliono brevettare. E' di questo che dovremmo scandalizzarci.
ESA

Anonimo ha detto...

Sono sbalordito!
Meno male che avete scritto che il vostro intervento è "sgangherato" è forse l'unica cosa su cui mi trovo d'accordo.

Ma come si può arrivare a tirare in causa il sugo della pasta, o l'obesità, o il diabete, per convincere la gente che il problema della sicurezza è un'esagerazione?

Ma che logica è mai questa?

Ma avete mai provato a girare di sera alla periferia di Milano, o di Roma, o di tantissime città italiane?
E se da qualche anno le rapine in casa e fuori, gli scippi, i furti, ecc., sono esplosi, cos'è? Colpa della gente stupida che non pensa al sugo della pasta?

I ragionamenti che leggo qui sono gli stessi di personaggi come il ministro Ferrero, o della Finocchiaro, e non a caso al nord i partiti di cui loro sono espressione non li vota più nessuno.

Diceva giustamente Miriam Mafai (sicuramente di sinistra e in passato compagna del dirigente PCI Giancarlo Pajetta): "La sinistra italiana, se deve scegliere tra la vecchietta scippata e il clandestino che l'ha scippata, prenderà sicuramente le parti del clandestino, e dirà che è una vittima delle ingiustizie sociali"

Ecco, di una sinistra così mi sono elegantemente rotto i coglioni.

Anonimo ha detto...

Dimenticavo una cosa importante:
la questione della sicurezza la vivono soprattutto i poveri, gli abitanti delle periferie.

Provate a vivere nelle case popolari, dove da alcuni anni operano dei racket gestiti da mafie di varie etnie che occupano le case illegalmente, con l'inerzia dello Stato.

Provate voi a vivere ad esempio da anziani in case popolari nelle quali nottetempo può accadere di tutto, che ti sfondino la porta, che rubino, ecc., e sotto le quali si spaccia, o avvengono accoltellamenti, c'è traffico di prostitute e viados, ecc.

Provate a vivere con l'angoscia di non poter uscire da quelle case nemmeno per pochi giorni, perchè al ritorno saresti sicuri di trovarvele occupate da qualche famiglia rom, o da altri, là dove la Cassazione ha emesso poco tempo fa una sentenza assurda, secondo cui non è reato occupare una casa se ci si trova in stato di bisogno (???), e da allora le occupazioni abusive si sono moltiplicate.

Provatelo, cari signori che state comodamente al caldo davanti al pc a scrivere sproloqui sul sugo della pasta!

Provatelo e poi ditemi se la questione sicurezza è una fisima, o una costruzione mediatica.

O provate a salire sui bus di certe linee dell'atm di Milano, dove correte sistematicamente il rischio di venire scippati, o derubati.
O, come è successo a una donna che pochi mesi fa aveva sbagliato fermata, violentate.

E allora, per cortesia prima di parlare uscite di casa e andate in giro!

chartitalia ha detto...

@alberto2008:
infatti, se tu uscissi di casa e andassi in giro magari avresti qualcosa di tuo da raccontare; dicci quello che è successo a te, lascia perdere i fatti di cronaca che leggi sui giornali o, peggio, che ti ammannisce la tv: parla della tua esperienza

herr doktor ha detto...

il modo con cui certa (e solo certa) violenza viene enfatizzata fino a creare un clima di 'allarme sociale' (che giustifica poi ogni provvedimento) è un tema molto forte.
Io sono un p...@ qualsiasi.
Permettetemi di rinviare al blog di Scheinder (che della sicurezza, anche nella particolare accezione della sicurezza informatica, ha fatto il suo business):
http://www.schneier.com/blog/archives/2007/11/the_war_on_the.html
è in inglese, visto che il tipo vive e lavora negli states ....
@Alberto: forse questo può bastare per non liquidarlo per il solito sinistrorso italiano?

Anonimo ha detto...

x chartitalia:

io a Milano ci vivo e lavoro, caro, e quello che racconto è solo una piccola parte di quello che vedo e sento da tanti.

Oltre tutto quello che scrivi è una pura scemenza.
Se anche ti raccontassi gli episodi che ho vissuto io, diresti che io sono un caso isolato che non fa testo, pur di negare l'evidenza, e cioè che l'ingresso incontrollato di rom, rumeni, ecc., e il lassismo con cui in Italia non si fanno scontare le pene, ha portato ad una crescita esponenziale di taluni delitti.

In realtà la tv dei tg rai/mediaset di certi fatti parla solo quando succede il fatto di cronaca clamoroso, quella è solo la punta dell'iceberg.

Ma per sapere come stanno le cose basta leggere i dati sull'aumento di certi delitti (rapine, furti, scippi, ecc.) dati delle procure, delle questure, dell'istat, se pensi che i giornali e le tv si inventino le cose.

O vorresti negare ad esempio che esiste da alcuni anni il racket gestito da immigrati dell'occupazione delle case popolari?

Me lo sono inventato io, secondo te?
O lo ritieni poco interessante, per te che non vivi in case popolari?

Vai a chiedere a chi ci vive, e come si vive, e poi mi dirai.

Certo che l'atteggiamento di chi cerca di negare l'evidenza è ridicolo.

Sembrate Maria Antonietta, che prima della Rivoluzione diceva al popolo di mangiare brioches, visto che non aveva pane.

Ecco, bravi, dite a chi subisce aggressioni, stupri, rapine, di pensare al sugo della pasta, se vi piace essere mandati affa.

Poi non a caso alle elezioni in Lombardia i partiti di sinistra se lo prendono sempre in quel posto.

Anonimo ha detto...

Oltre tutto, dire - come fa chartitalia - "parla della tua esperienza" e non di quello che "ammanniscono" giornali e tv, pur di negare l'esistenza di un problema, ha la stessa coerenza - che so? - del chiedere a un lavoratore sano: "a te è mai successo un infortunio sul lavoro?"

"No? E allora vedi che il problema non esiste!"

Non importa se ogni giorno muoiono o si infortunano gravemente 5 lavoratori.

Evidentemente, per chartitalia, se 5 x 365 fa solo 1725, e in Italia ci sono 59.000.000 di abitanti, allora anche il problema degli infortuni sul lavoro non conta nulla!

E' tutta una costruzione mediatica.

Complimenti, bel modo di affrontare i problemi.

Anonimo ha detto...

Errata corrige: 5x365 fa 1825, non 1725.
Cmq sul sito dell'Inail sono riportati ben 695.000 incidenti sul lavoro tra gennaio e sett. 2006, di cui oltre 900 mortali.

Lo stesso discorso si potrebbe fare con l'AIDS (di cui giornali e tv parlano poco o nulla): se al mondo ci sono 50 milioni di contagiati, e la probabilità di prenderselo è bassa, non per questo uno direbbe che il problema non esiste, e tanto vale fare sesso senza preservativo.

O sbaglio?

chartitalia ha detto...

@albert2008:
Caro, vedi che inizi a ragionare? hai iniziato ad elencare una serie di tematiche relative alla sicurezza (morti ed incidenti sul lavoro, aids) che hanno numeri impressionanti molto superiori alla probabilità di essere vittima di un attentato terroristico o di un'aggressione.

Aggiungici incidenti automobilistici, irrespirabilità dell'aria ed altre quisquilie simili ed avrai esattamente l'idea di quello che si voleva dire.

Queste insidie sono altrettanto pericolose di quelle poste dalla criminilità più o meno organizzata e del terrorismo, però l'allarme sociale è incomparabilmente squilibrato sugli uni e non sugli altri.

Nessuno sta dicendo che le aggressioni non sono un problema, ma lo sono non di più degli altri, tra cui l'alimentazione. Vai a ricercare quali sono le maggiori responsabili delle morte degli americani e vedrai che il cibo lo è molto di più di Al Qaeda, ma di cosa parlano di più i mass media del pericolo del terrorismo o della cattiva alimentazione?
1 saluto

Anonimo ha detto...

Eh no, mettere sullo stesso piano la paura per la criminalità comune, il terrorismo di Al Qaeda, e le sofisticazioni alimentari è un'operazione del tutto arbitraria e priva di ogni coerenza.

La gente, proprio perchè è una realtà che vive quotidianamente, mette al primo posto la sicurezza non a caso.

Rispetto a 10-15 anni fa, oggi esistono situazioni che rendono assolutamente più grave il problema della criminalità comune (impropriamente detta "microcriminalità" dagli imbecilli):

a) rapine nelle case (non solo le ville, anche le case della classe media) da parte di bande in gran parte straniere.
Quando la gente vede che nemmeno la propria casa è sicura, e oltre ai furti possono entrarti in casa di notte e massacrarti, allora la percezione di insicurezza diventa massima. E questo non accade ogni tanto, ma esistono vere e proprie organizzazioni criminali che ne compiono dozzine e dozzine.

b) rapine sui treni: viaggiare di notte è diventato proibitivo, esistono tratte ferroviarie in cui ogni notte i passeggeri vengono rapinati, anche qui da gang criminali professionisti stranieri, mentre i controllori sono sistematicamente aggrediti.

c) diffusione spaventosa della cocaina: non è più la droga dei ricchi, la usano tutti (gli imbecilli) in tutte le categorie, e questo porta anche i criminali a maggiore violenza e aggressività.

d) impunità per lassismo della magistratura: quando abbiamo una magistratura che arresta una vecchia a Sanremo e la tiene un paio di settimane in galera per aver preso una tavoletta di cioccolato in un supermarket, mentre lascia circolare libero un delinquente che perseguitava una ragazza (dopo averne già uccisa un'altra), e in media lascia solo 7,2 anni in galera chi uccide (tra indulti, riti alternativi, Gozzini, e altre amenità)è chiaro che i criminali dell'est europa e di altre provenienze fanno a gara per venire qua.

Ma mi rendo conto che discutere con chi continua ad arrampicarsi sugli specchi e a paragonare cose che non c'entrano nulla, anzichè prendere atto che la gente (a differenza di voi) la pensa molto diversamente, e considera la sicurezza il primo problema, è tempo sprecato.

Buon soliloquio.

Anonimo ha detto...

Intervengo solo per dire che la mia posizione si colloca in un punto intermedio tra Chartitalia e Alberto2008.

Il problema della sicurezza e della lotta alla (scioccamente detta) microcriminalità è essenzialmente un problema di libertà: non si è liberi se si ha paura.

Si può poi analizzare se l'insicurezza sia solo una percezione o sia una realtà. Ma, a fronte di una percezione così diffusa, a meno di non voler parlare di allucinazione collettiva, si deve prendere atto che i cittadini hanno paura. Occorre - dunque - dare una risposta a tali paure, prima che esse diventino ossessive e (giustificatamente o meno) si trasformino in aggressività, in violenza o in xenofobia.

Non mi pare un buon viatico quello di protestare - come ha fatto la novella sinistra arcobaleno - contro le ordinanze dei sindaci che proibivano l'esercizio dell'attività di lavavetri ai semafori. Nè mi sembra di buon auspicio l'abbandono in cui versano molti quartieri delle grandi città italiane. Talvolta sarebbe sufficiente - come ha osservato qualcuno - curare meglio l'illuminazione delle strade, per fugare la paura del buio.

Anch'io non concordo - pur comprendendo pienamente l'analisi di Paolo Barnard - con il metodo da lui adottato. Un conto è smascherare le mistificazioni di certa informazione; un altro conto è sminuire canzonatoriamente un diffuso sentimento popolare. L'articolo del Sole24Ore mi sembra partire dal primo punto per poi arrivare, tra le righe, al secondo.

Occorre fare molta attenzione quando si affrontano certi temi.

E la rabbia del popolo - non abbiente, ma neppure idiota - rischia di essere suscitata oltre misura.

Mi chiedo - e chiedo scusa per il latente populismo - come si possa paragonare la (percezione di) pericolosità della banda dei delinquentelli di quartiere (soprattutto di certi quartieri), con la pericolosità (reale? presunta?) del tabagismo, dell'alcolismo o degli OGM. L'accostamento dell'azione criminale che un cittadino subisce dall'esterno con uno stile di vita che egli - più o meno consapevolmente - sceglie non mi pare corretto. Bere alcol, drogarmi o fumare rientra nella sfera della mia libertà personale (anche se limita le mie facoltà e se, alla lunga, mi procura un danno); essere picchiato, rapinato, derubato o stuprato non è espressione della mia libertà, ma - anzi - la vulnera in ciò che più difficilmente è risarcibile o reparabile: la predisposizione psichica al dispiegamento pieno della personalità. Un uomo aggredito, malmenato e derubato avrà vissuto un evento drammatico ed avrà definitivamente perduto quella serenità che gli consentiva di uscire di casa liberamente.

Appare poi estremamente urticante il paragone tra la criminalità e "la fettina con mozzarella su un lago di sugo al glutammato". Non sarà sfuggito agli intelletti più raffinati che, nella società di massa, in cui tutti possono (meglio: hanno l'illusione di poter) accedere a piccoli e grandi lussi (la TV LCD, l'automobile, la vacanza estiva, la cena al ristorante, ecc.), uno dei fattori che ancora distingue la upper dalla lower class è costituito proprio dal cibo. La smania per i ceci (si fa per dire) biologici non è davvero una fisima da proletari, anche perché i prodotti cosiddetti "biologici" costano il triplo rispetto ai prodotti "normali".

Appare, perciò, uno sberleffo insopportabile quello di predicare a chi vive onestamentne - non per scelta ma per necessità economica - in quartieri periferici e malfamati, vicino a campi nomadi o a baraccopoli (che, diaciamolo, non ispirano il senso della sicurezza), che ne uccide più la mensa aziendale che il ladruncolo romeno. La considerazione è degna di Monsieur de Lapalisse, ma costituisce un moltiplicatore della rabbia per chi è costretto (per ragioni di borsa, s'intende) sia a vivere in quartieri malfamati, sia a mangiare le porcherie della mensa aziendale.

Ciò detto, onde evitare che mi si assimili ai mestatori della paura, mi pare di poter escludere che il problema sia addebitabile all'indulto, alla leggerezza delle sanzioni penali o al lassismo (che pure esiste, in alcuni casi) della magistratura.

Le leggi ci sono, la magistratura - bene o male - le applica. Le statistiche parlano chiaramente: pochissimi sono i casi di recidiva, altrettanto pochi quelli di reati gravi (stupri, omicidi, rapine: dimezzati rispetto a una decina di anni fa). Le statistiche, al contrario, sono totalmente inattendibili per quel che riguarda i furti (tranne, forse, quelli in appartamento e, sicuramente, quelli di auto e moto), perché nessuno li denuncia più. Se il solito ignoto mi sfila il portafoglio dalla tasca è inutile che io vada a sporgere denuncia: perderò - oltre ai soldi - anche un paio d'ore a riempire moduli che resteranno a far la muffa in qualche scaffale.

Se il problema, come anche io ritengo, è di percezione di insicurezza, qualsiasi soluzione deve dare risposta a questo problema.

Il governo Berlusconi varò - a parole - il poliziotto di quartiere. Poteva essere una prima, timida risposta. Ad onor del vero, nel quartiere in cui vivo ed in quello in cui lavoro (abbastanza distanti tra loro) io non l'ho mai visto. Anzi, a voler proprio dire come stanno le cose, nel mio quartiere non mi sono mai imbattuto neppure nella polizia municipale, perché il comune ha dato in appalto la gestione dei parcheggi ad una ditta privata. Gli unici che vedo sono i dipendenti della ditta in questione, intenti a multare le vetture non munite di contrassegno. Ma una volta scese le tenebre... si salvi chi può!

Non ho ragione per ritenere che - avendo io esperienza di due quartieri "alti" della capitale - la situazione sia migliore nelle periferie malfamate.

Ecco, forse si potrebbe ripartire dal poliziotto di quartiere e da una miglior gestione amministrativa delle strade (pulizia ed illuminazione).

Gianluca

P.S.
Il resto del commento di Barnard mi trova assolutamente d'accordo. Idee analoghe - dieci anni fa - vennero esposte dall'allora direttore generale di Confindustria, Innocenzo Cipolletta, in un libretto (La responsabilità dei ricchi, Laterza, 1997), che lessi con grande interesse e che mi fece rivedere molte convinzioni (errate) che avevo.

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