Avevo già deciso di scrivere qualcosa sullo stato comatoso in cui versano le web radio, quando su Punto Informatico di oggi mi imbatto in un articolo dal contenuto pressochè simile, intitolato: Radioweb senza profitti, si teme la chiusura. Articolo che conferma in pieno quelle che erano le mie convinzioni: i detentori dei diritti stanno sprecando l'ennesima occasione.
Con la loro smania di arraffare più denaro possibile, stanno affossando uno dopo l'altro tutti i modelli di business lecito basati sulla rete. Solo qualche cifra per capire di cosa stiamo parlando.
Intanto occorre dire che vanno pagate due enti differenti: la SIAE per gli autori e la SCF per i discografici. Entrambe hanno differenti tipologie di licenze ma qui consideriamo solo quella commerciale che è l'unica che consentirebbe un qualche modello di business (quella personale ha invece limitazione di tutti i tipi, dal numero di utenti al divieto di pubblicità).
I simpaticoni della SIAE si accontentano del 7% degli introiti generati dalla radio più le quote generate dal sito internet, secondo la seguente formula: 200 euro + 12 euro per ogni 100.000 visite. Intanto non si capisce cosa occorre pagare in quanto la postilla: "Pagine viste al mese: media delle pagine web generate dall'apertura del media player nel corso di un mese" crea ancora più confusione. Credo che intendano riferirisi a quante pagine riceve il sito che fa acoltare la web radio, anche se il motivo di tali visite viene causato da tutt'altro che l'ascolto della web radio (ad es., per la presenza di un forum o di altri contenuti). In ogni caso, c'è un tariffario minimo che prevede 200 euro mensili (che diventano 300 euro nel caso si superano le 100.000 visite mensili al mese). In pratica, dai 2400 ai 3600 euro l'anno minimi.
Mentre la SCF si accontenta di una miseria: 0,0004 al minuto di trasmissione + un 50% di quanto corrisposto a titolo di compenso archivio (??? ma non fanno prima a dire che la tariffa è di 0,0006 al minuto di trasmissione?). In sostanza, per trasmissioni 24h al giorno per 7 giorni, tale cifra ammonta a 250 + 125 = 375 euro l'anno. Ma c'è il trucco, il minimo garantito, che ammonta a 1500 euro l'anno.
Morale della favola, per una web radio commerciale, occorre sborsare minimo 3900 euro l'anno appena gli introiti pubblicitari superano i 3000 euro l'anno. In altri termini, se una web radio ricavasse 3500 euro l'anno, si troverebbe a pagare più diritti a SIAE e SCF di quanto guadagna. Senza contare i costi di webhosting, del costo dei dischi, del software per far funzionare il tutto e delle attività lavorative del personale.
Va da sè che in un simile scenario, le web radio commerciali non potranno mai decollare, inibendo così un possibile canale di finanziamento per autori, musicisti ed editori. Un capolavoro di masochismo. Complimenti.
PS: se volete approfondire l'argomento, vi segnalo questa splendida pagina che illustra in dettaglio le perversioni dell'attuale regolamentazione in materia di web radio.
29 ottobre 2008
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4 commenti:
Grazie chartitalia per questo articolo, mi stavo leggendo anche io PI. Vorrei però, se me lo permetti lanciare un apio di provocazion ( si diceva così, una volta) affinché questo tuo post possa essere sempre caldo.Almeno lo lo spero.
Anzitutto non è vero che per trasmettere occorrano due licenze (non sarebbe tecnicamente possibile, sarebbe come se per aprire un bar fossi obbligato a ottenere due licenze di somministrazione di alimenti e bevande). La licenza per la comunicazione al pubblico è una sola, ed è quella della SIAE, vuoi perché questo dice la legge, vuoi perché quel diritto, come tutti i principali diritti, sono dell'autore. Altra cosa è la gestione dei diritti, cosa che viene dopo il corrispettivo pagato per la licenza. I cosidetti "proventi".
La SCF che rappresenta UNA PARTE sia pur grande, di produttori, ci prova e d in parte ci riesce ma il suo diritto (art. 72) riguarda la riproduzione, e cioè il diritto di duplicare il PROPRIO prodotto fonografico, attività che magari una web radio non svolge. Il seguente articolo, il 73 invece, stabilisce un compenso per l'uso DIRETTO del fonogramma de produttore. Quello è un compenso contenuto nel diritto principale che incassa, attraverso i proventi, la SIAE e a quella la SCF si deve rivolgere per svoolgere il compito di gestione che le legge gli affida, che è altra cosa. Quel compenso non significa che la SCF sia legittimata a rilascire licenze di cui non possiede diritto (il diritto ad autorizzare la comunicazione di un opera).
Fabio Mondo, sul suo blog scrive una cosa inesatta, scrive che la legge italiana non ammette ignoranza. Ora sfido chiunque a trovare una orma che dica ciò, è più facile trovare una sentenza della Cassazione che afferma proprio l'esatto contrario visto che non si può essere tutti giuristi o avvocati.
Grazie a te Massimo per la precisazione.
In realtà la situazione è così allucinante che anche azzerando il contributo per SCF, la sopravvivenza di una web radio è cosa improba.
Qui non avevo voglia di imbarcarmi in una lotta contro nessuno, ma solo far notare che con questa regolamentazione è impossibile che possa svilupparsi un canale che sarebbe invece estremamente interessante sopratutto per i detentori dei diritti. Se una web radio chiude o non nasce nemmeno, è un canale che porta zero proventi per i detentori dei diritti. Elementare, Watson.
vero chartitalia, verissimo ma se agli autori/editori interessasse l'argomento non tirebbero fuori licenze con limitazioni a rischio nullità (vedi la fantastica disamina di Navarrini sulle licenze web-radio) ne sarebbero colpite dalla sindrome Verdone che vede pirati ovunque e li mette in relazione con la crisi del cinema anche quando gli incassi (e soprattutto gli spettaori) aumentano.
Potenza del pensiero unico?
Ciao a tutti, vorrei potere replicare a Massimo dicendo qualche cosa e sperando a priori che non venga presa come una polemica o come un tentativo di creare flame.
Intanto preciso:
Mi chiamo FABRIZIO Mondo, ho 23 anni e NON studio Giurisprudenza. Ció nonostante mi occupo di consulenza legale sul campo del diritto d'autore legato a siae e scf, per molte aziende o associazioni che richiedono liberamente il mio aiuto, insieme all'aiuto tecnico, qualora necessario.
La legge italiana non ammette ignoranza, purtroppo questo é vero. Sfido dire ad un ausiliare del traffico che si ignorava l'esistenza del divieto di sosta, la multa non la stornano comunque.
Chiaramente questo é solo un esempio.
SCF tutela non solo la riproduzione, ma anche il broadcasting, come é scritto nel suo statuto e come purtroppo é obbligatorio fare anche se mi cra una rabbia tremenda.
Ho parlato con Giovanna Artisti, cheé la responsabile dell'area multimedia della Societá consortile fonografici per Azioni, la quale mi ha confermato la versione che sto postando in questo commento.
La cassazione puó anche giudicare diversamente, ma in Italia non esiste il concetto di precedente, e quindi non ci si puó appellare a sentenze pregresse.
Sono disponibile a confronti, ma gradirei che si valutasse e si ponderasse prima di esprimere commenti, al di lá della mia proverbiale permalositá
un saluto.
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