1. La tessera P2 nr. 1816
Apicella o la ballerina che scendono dagli arei di stato sono la materializzazione del mitico "nani e ballerine" che si sono impadroniti dello stato italiano. Negli anni '90 un sussulto di indignazione spazzò via quelli che, al confronto dei nani e delle ballerine attuali, erano dei giganti. In questi anni 2000 l'indignazione viene rivolta contro coloro che criticano nani e ballerine, che vengono eletti dappertutto: in Europa, alle provinciali, alle comunali, alla direzione delle televisioni e dei giornali.
2. Benedetto XVI
La tessera P2 nr. 1816 sta facendo sfacelo di tutti i principi morali su cui la Chiesa diretta da questo tedesco fonda la sua autorità. Ed il candido pastore tedesco, che è stato uno dei maggiori elettori del satrapo di Arcore, come reagisce? Con una metafora alata: "L'aria è per la vita biologica quello che lo Spirito Santo è per la vita spirituale". Per il resto, basta che il governo non gli tocchi l'otto per mille, non gli faccia pagare l'ICI e gli conceda privilegi economici, che la Chiesa chiude un occhio (ed anche l'altro) su qualunque nefandezza etica.
3. Mario Giordano
Ciò che non si capisce dei berlusclones è se agiscono su commissione o per servilismo autonomo. Ma quello del direttore del quotidiano di famiglia, Il Giornale, va al di là di ogni immaginazione. Doveva dimostrare che la stampa di opposizione paga gli intervistati per ottenere da loro falsi racconti sulla vita del premier. Si è rivelato l'esatto contrario.
4. Daniela Santanchè
Questa signora di mondo nata, non a caso, a Cuneo (dove Totò, uomo di mondo, diceva di aver fatto il militare), per poter essere ri-accolta nella banda dei berluscones, si è incaricata di svelare i più reconditi segreti della famiglia del satrapo italiano: ha rivelato che Veronica Lario tradisce il marito con la sua guardia del corpo. Il tutto attraverso uno dei tanti giornali controllati dal capo del governo, che paga una campagna di screditamento della moglie. Giusto per mantenere la privacy, suppongo.
5. Morgan
A dimostrazione dello sfacelo cui è giunto l'attuale panorama musicale italiota c'è questo Morgan che passa per essere uno dei maggiori intenditori. Tutte le (poche) volte che l'ho sentito parlare, sono stato sommerso da una sagra di banalità e luoghi comuni. Ma queste "sue" idee sulla attuale crisi della musica sono uno spettacolo: un automa programmato da una major non avrebbe potuto fare di meglio.
Ok, tocca a voi: vo(mi)tate pure.
Alla prossima.
Pirl Parade precedente: Settimana del 29 Maggio 2009
1 commento:
Ma cos'ha Morgan nel video linkato?
Difficoltà di favella a parte, l'agitazione febbrile che manifesta su quella poltrona mi induce a ritenere che stia trattenendosi a fatica dal pisciarsi addosso.
Ma uno così, tanto bisognoso di un bravo logopedista, può parlare di cultura?
Ma prima dell'invenzione del fonografo non c'era la musica? Perché da quel che dice Morgan sembrerebbe che la musica esiste in quanto esistono i dischi e non comprare i dischi determina la scomparsa della musica.
Ma vediamo il cuore dell'argomentazione del nostro intellettuale:
"...a furia di ripetersi che i dischi costano tanto, si preferisce andare a bersi quattro o cinque boccali di birra; farsi una serata in un locale che ti chiede, magari, anche trenta euro per una consumazione. Alla fine hai speso cento euro e non ti rimane niente in mano".
Pur senza volersi attardare sul target cui si rivolge Morgan elevandolo a paradigma di consumatore (io non conosco molte persone che in una serata si trincano quattro o cinque boccali di birra, ma quelli che conosco non si può dire siano sensibili ai problemi della cultura); e pur senza voler sottolineare che in molti locali in cui si pagano trenta euro per la consumazione, si paga anche la musica (registrata o dal vivo) in sottofondo; la cultura di cui parla Morgan è, con tutta evidenza, una cultura tutt'altro che immateriale, visto che (par di capire) per lui va bene spendere i soldi, a patto che ti rimanga qualcosa in mano.
Pertanto, a voler seguire la logica di Morgan, i soldi spesi per vedere un'esibizione musicale o teatrale dal vivo son soldi sostanzialmente buttati, giacché tra le mani di chi li spende non resta nulla. Come se l'arricchimento dello spirito fosse cosa da nulla!
Bellissima - ma priva di nesso con il precedente discorso in tema di boccali di birra - la perorazione ai genitori:
"Ma non mi venite a dire che i soldi spesi in un disco non sono ben spesi. Cioè... io lo dico ai genitori. I genitori dovrebbero essere contenti se un ragazzo torna a casa con un disco in tasca [...] I soldi spesi per un disco che rimane sono soldi ben spesi".
Credo che non si possa dissentire dalle ultime parole di Morgan.
E tuttavia, si sa, non tutti i ragazzi (ancora studenti) spendono la paghetta per gonfiarsi di birra; ed ancora più difficilmente frequentano assiduamente locali da trenta euro a consumazione. Ma, al di là di queste banali considerazioni, Morgan non dice quanti dischi pro capite dovrebbero essere acquistati dai ragazzi (per soddisfare le esigenze del mercato musicale) e fin quando un genitore dovrebbe essere lieto di tali acquisti.
Considerando che una paghetta normale (a patto che sia possibile fissare un criterio di normalità) sarà di circa una cinquantina di euro a settimana, il giovane virgulto si troverà dinanzi al problema principe della scienza economica: l'investimento fruttuoso (e soddisfacente) di risorse scarse. C'è chi comprerà un disco, chi li metterà da parte per acquistare un motorino, chi li manderà in fumo (stupefacente), chi in birra, chi li utilizzerà per una serata in discoteca, chi per una pizza in compagnia, chi per comprare un nuovo computer, ecc. Molto probabilmente 'sti soldi verranno utilizzati, dallo stesso giovane, per fare, a rotazione, un po' tutte le cose qui sopra indicate (e molte altre che non mi vengono in mente).
Ora, se le risorse sono limitare (e lo sono), non si può pretendere che queste siano prevalentemente consumate per l'acquisto di dischi. E non si può negare - non lo può fare neppure Morgan - che i dischi siano un bene volutturario piuttosto oneroso.
Quando ero ragazzo - ed i vinili non me li potevo permettere (perché i dischi sono sempre costati tanto) - risentivo un milione di volte sempre gli stessi dieci (faticosamente acquistati); gli altri (quelli che potevano interessarmi) me li facevo prestare da chi li aveva e li registravo su cassetta.
La storia si ripete, con nuovi mezzi. E, probabilmente, con effetti molto diversi per l'industria musicale.
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