Beh, in Italia attualmente non si sa bene cosa sia un disco singolo. Teoricamente dovrebbe essere un CD che contiene un unico brano: letteralmente uno spreco, considerando che un CD può contenere oltre 70 minuti di musica e che i costi di stampa e di distribuzione sono esattamente gli stessi prescindendo dalla quantità di musica incisa sul pezzo di plastica. Perfetto esempio di quella economia della scarsità su cui l'industria si è ingrassata sinora: meno beni ci sono sul mercato e più il prezzo (ed i profitti) salgono.
Considerando il crollo verticale avutosi con il mercato dei singoli, i discografici hanno cercato di rendere meno evidente la presa per i fondelli dei propri clienti, infarcendo i cd singoli di pletore di versioni alternative (i mefitici remix) di un brano: non è raro vedere in giro cd con oltre una mezza dozzina di remix dello stesso brano.
Altre volte, si trovano in giro "maxi" cd single che sono veri e propri album, con una dozzina di brani più o meno remixati. Ed anche in questo caso si rasenta la truffa. Nel senso che, spacciando un cd siffatto come "singolo" bastano poche centinaia di copie per entrare in classifica e con un migliaio si è certi di entrare nella Top Ten, garantendosi una promozione a buon mercato.
Inutile dire che in altri paesi tali furbate non sono ammesse ed esistono precise regole per essere inseriti nella chart dei singoli, come ad esempio in Inghilterra dove esiste una appostito istittuto, The Official UK Charts Company, che detta precise regole per la composizione delle classifiche.
In ogni caso, e sino a poche settimane fa, un singolo era fondamentalmente una traccia selezionata da una casa discografica per essere stampata su un qualche pezzo di plastica e distribuita fisicamente ai rivenditori e disponibile per un determinato periodo di tempo. A partire dal 1° gennaio di quest'anno, il suddetto istituto inglese ha completamente rivoluzionato il concetto di singolo, minando alla base la sua definizione.
Un singolo è ora una qualsiasi traccia contenuta su di un album. Ma addirittura potrebbe anche non essere contenuto su alcun disco e potrebbe non essere mai stato stampato su alcun supporto fisico ma distribuito esclusivamente in formato digitale in rete (come l'ultimo "singolo" del volpone Vasco Rossi).
Per entrare in classifica è sufficiente quindi che un determinato brano venda più degli altri. Punto. Quindi, teoricamente, non dovrebbero più essere le case discografiche a decidere a priori quale pezzo di un album è il più significativo, scommettendo su di esso, stampandolo su un determinato numero di copie ed obbligando le radio a trasmetterlo ossessivamente. E non necessariamente un brano deve essere uscito recentemente per essere in classifica. Anche vecchi o vecchissimi brani sono papabili per la Top Ten. Perchè con la distribuzione on-line non esiste più la gestione del magazzino, non esistono scaffali da riempire e da svuotare, non esiste più il fuori catalogo.
Teoricamente, adesso come non mai, gli acquirenti dovrebbero essere gli arbitri assoluti del successo o meno di un brano, non essendo pià vincolati alle scelte dei discografici sulla stampa o meno di una determinata traccia e neanche alla disponibilità o meno in catalogo di un determinato disco.
Già, perchè quando si acquista un brano in rete in realtà ne viene prodotta istantaneamente una nuova copia e viene spedita all'acquirente. In un certo senso è l'acquirente stesso che si "stampa" la propria copia, riducendo i costi di produzione e di distribuzione ad una frazione dei costi necessari nei decenni precedenti. Ci si aspetterebbe quindi che i prezzi calassero conseguentemente. Ed invece no. I prezzi dei brani sono ancora vergognosamente alti: 1 euro per brano è pressochè una truffa.
Teoricamente, dicevamo. Perchè il potere di condizionamento da parte delle case discografiche è ancora troppo forte e si esercita attraverso l'imposizione del passaggio in radio e video di determinati pezzi e non di altri, nell'inclusione di un determinato brano e non di un altro nella colonna sonora di un film o di uno spot pubblcitario.
In pratica finirà quindi che il consumatore diventerà protagonista nel sobbarcarsi parte dei costi di produzione e distribuzione che una volta gravavano sull'industria discografica, mentre resterà succube della macchina di marketing delle major che continueranno a fare il bello ed il cattivo tempo su quali brani ed artisti dovranno avere successo.
Beh, certo, non è detto. Teoricamente, ora come non mai, i consumatori hanno una reale possibilità di scelta. Teoricamente. Indovina da chi dipende la traduzione in pratica di tale teoria?
"La rivoluzione dei single" Compilation
Bob Dylan: THE TIMES THEY ARE A-CHANGIN'
The Beatles: REVOLUTION
Neffa: CAMBIERA'
Danny Losito: SINGLE
Sam Cooke: A CHANGE IS GONNA COME
Gianni Pettenati: LA RIVOLUZIONE
Judas Priest: VICTIM OF CHANGES
Casino Royale: OGNI SINGOLO GIORNO
Afterhours: GIOIA E RIVOLUZIONE
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2 commenti:
Che il consumatore diventi produttore-commesso è una realtà economica che si sta diffondendo e che dovrebbe abbassare i prezzi dei beni in vendita. Ma nonpiù di tanto. Ti fai il pieno di benzina da solo, ma il risparmio è irrisorio. Compri viaggi, voli, alberghi, vacanze, libri, regali via internet. In alcuni supermercati arrivi alla cassa già con il totale della spesa, quindi diventi commesso e cassiere, nei negozi hai il tuo cestino e scegli tu la merce senza aiuti o comperi via internet...Tutto con un risparmio per il consumatore minimo rispetto ai favolosi profitti dei produttori che loro sì risparmiano tantissimo sulla manodopera.
Esa
Scusate ma per entrare nei Top in classifica di vendite per un singolo...qual'è l'itinerario da seguire? Grazie mille Luigi
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