L'emergenza è una cultura di guerra che riduce i fenomeni criminali a fenomeni esclusivamente polizieschi e giudiziari, cancellandone cause e radici culturali, sociali, storiche e le relative implicazioni politiche.
L'emergenza è una cultura eversiva perché sovverte lo stato di diritto. Dello stato di diritto scompare già la prima regola, secondo la quale chi fa le regole e chi le applica sono soggetti - persone ed organi - diversi.
E siccome il nemico è il male assoluto, il fine della sua distruzione è il bene assoluto l'emergenza è una giustizia e una politica al di fuori dello spazio e del tempo, non più relativa, ma riflesso di una verità assoluta.
L'onere della prova s'inverte: non spetta a chi accusa ma a chi si difende. L'ipotesi della responsabilità diventa un teorema che cerca dimostrazione, però, se non la trova, il teorema diventa dogma, cioè prova di sé stesso
"Colpa di autore" la chiamavano un tempo: il risultato dell'equazione è dato, a prescindere dai suoi termini. La prova non precede più l'accusa, ma la segue. Il sospetto diventa indizio e l'indizio diventa prova. Il campo dei sospetti non è in alcun modo definibile e delimitabile. Si restringe e si allarga indefinitamente, secondo gli atteggiamenti mentali, gli stati d'animo, i sentimenti, le emozioni, perfino le disposizioni contingenti di chi li formula, essendo ciascuna persona diversa da ciascun'altra ed anche da sé stessa in momenti diversi.
Se un soggetto è un criminale, si può sospettare che il parente, l'amico, sia un criminale e sulla base del sospetto, secondo la necessità propria dello stato di emergenza di poter perseguire ogni sospetto, costruire un teorema accusatorio da dimostrare necessariamente, raccogliendo gli indizi necessari alla dimostrazione. Ma un teorema basato sul sospetto diventa dimostrazione, prova di sé stesso.
Un nome, una parentela, una carica, qualunque cosa uno faccia o non faccia, dica o non dica, tutto e il contrario di tutto, può essere un sospetto. Per questo nello stato di emergenza non è più tollerata la privacy. La privacy ostacola la costruzione del teorema accusatorio.
Come difenderti se qualunque discolpa balbetti l'accusa è un'altra e un'altra ancora, ci sarà pure una colpa, una piccola colpa, sepolta da qualche parte dentro di te, sebbene non ti ricordi. Anche se non ricordi, ci sono molti, troppi indizi raccolti. Il fatto stesso che cercavi di ostacolare la raccolta degli indizi a tuo carico cifrando la tua connessione a internet, il fatto che cifravi i tuoi dati... L'autore del crimine non puoi essere che tu. Colpa d'autore appunto. A questo porterà la fine della privacy.
[da un intervento anonimo sul forum di Punto Informatico, segnalato da Marco Calamari]
16 febbraio 2007
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