Come si sa, il decreto dell'ottimo Bersani ha abolito le tariffe minime per gli ordini professionali lasciando al mercato il compito di definire quanto occorre corrispondere a questo o quel professionista. E cosa fanno diavoli di avvocati? La buttano sulla deontologia. I tutori dell'Ordine (degli avvocati) hanno inserito nel loro codice deontologico una norma che asserisce che accettare tariffe al di sotto di una certa soglia lede la dignità dell'avvocato e quindi è deontologicamente scorretto e quindi sanzionabile disciplinarmente!
In altri termini, hanno reintrodotto la tariffa minima abolita per legge. Se non è una presa per il culo questa, allora non esistono le prese per il culo. A questo punto, attraverso il marchingegno del codice deontologico qualsiasi corporazione può imporre qualsiasi arbitrio al resto dei cittadini. Ad esempio, i panettieri possono introdurre una norma che asserisce che lavorare di notte lede la dignità dei propri affiliati e quindi il pane per il giorno dopo va preparato entro le 18 del giorno prima. E chi non si adegua viene espulso dall'Ordine dei Panettieri.
Certo che gli avvocati ne sanno una più del diavolo...
Avvocati del Diavolo Compilation
Lucio Dalla: INTERVISTA CON L'AVVOCATO
Mario Merola: DICITE ALL'AVVOCATO
Enzo Romagnoli: SIGNOR AVVOCATO
Zucchero: DIAVOLO IN ME
Paolo Conte: DIAVOLO ROSSO
Giuseppe Tartini: IL TRILLO DEL DIAVOLO
Rolling Stones: SYMPATHY FOR THE DEVIL
INXS: DEVIL INSIDE
Gun: RACE WITH THE DEVIL
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7 commenti:
Cambiamo argomento.
Prodi si è vivamente lamentato di non essere messo al corrente dal tronchetto di quello che combina.
Fermiamoli entrambi prima che sia troppo tardi.
Ciao
Ottimo!
Immagino che Bersani aspettasse qualcosa del genere per abolire definitivamente l'Ordine.
In realtà i doveri di probità, dignità e decoro sono da sempre un "cavallo di battaglia" dei "corporativisti". Di coloro che parlano di liberalizzazione e di valore dell'individuo, ma sono - nell'intimo delle loro coscienze - degli incorreggibili collettivisti (tanto è vero che molti parlano della dignità delle categorie professionali - enti collettivi - come se si trattasse della castità delle loro figlie!). Quindi, in verità, nihil novi sub sole.
Quanto al decreto Bersani... bhé non contiene alcunché di particolarmente innovativo, se non per l'ipocrisia dei sepolcri imbiancati: il minimo tariffario si applica a giorni alterni da anni e i patti di quota lite sono di fatto utilizzati in altre forme. Basta riflettere sulla portata dell'art. 45 del codice deontologico (in particolare su quanto previsto dal capoverso):
"ART. 45. - Divieto di patto di quota lite. – È vietata la pattuizione diretta ad ottenere, a titolo di corrispettivo della prestazione professionale, una percentuale del bene controverso ovvero una percentuale rapportata al valore della lite.
È consentita la pattuizione scritta di un supplemento di compenso, in aggiunta a quello previsto, in caso di esito favorevole della lite, purché sia contenuto in limiti ragionevoli e sia giustificato dal risultato conseguito."
Personalmente, insomma, trovo che la disciplina introdotta dal decreto Bersani non sia - per gli avvocati - né particolarmente innovativa, né (tanto meno) devastante.
Il tema, tuttavia, fornisce l'occasione per una telegrafica riflessione - attraverso il prisma dell'avvocatura - sul panorama socio-economico italiano e sulla cultura delle cosiddette elite, pronte a tutto pur di difendere unguis ac rostribus le proprie rendite di posizione ed i propri privilegi. Gli avvocati non sono peggio dei tassisti, i quali non sono meglio dei commercianti o degli industriali, i quali - a loro volta - somigliano molto ai medici... insomma, in Italia tutte le categorie produttive e professionali si assomigliano nei vizi, più che nelle virtù.
E temo che non bastino le buone intenzioni, nè le riforme - per quanto ardite - delle nostre caotiche leggi (riforme che, di solito, sono scritte peggio delle leggi da riformare e che, dunque, generano ancor più confusione).
I barbagianni impagliati che rappresentano le istanze delle associazioni di categoria (medici, commercialisti, avvocati, magistrati, farmacisti, industriali, commercianti, ecc.) si fanno orrendamente scudo dietro parole che hanno perso qualsiasi valore semantico nella prassi quotidiana. Si pensi solo all'abuso della locuzione "dignità professionale"! Ma come si può parlare ancora di dignità professionale quando ogni mattina, nelle aule dei tribunali italiani, si assiste ad un "mercato del pesce" indegno di un paese civile? Decine di avvocati e magistrati si ritrovano in locali di esigue dimensioni, accalcati in una ressa degna della peggior linea di autobus nell'ora di punta, impegnati a distribuire rinvii ed a scrivere verbali in condizioni a dir poco precarie; nei Tribunali la carta per le fotocopie è razionata e costituiscono merce rara i fogli "uso bollo", sicché per la verbalizzazione di udienza ci si arrangia come si può; le sale avvocati di molti Tribunali (cito per tutti Roma e Tivoli) sono dei bugigattoli ridotti - in alcuni casi - ad immondezzai o a bacheche di annunci economici (del tipo "cercasi segretaria" o "vendesi scooter"); ogni riforma della giustizia civile mira a comprimere i tempi di difesa attribuiti alle parti (giacché - si presume - agendo le parti per mezzo degli avvocati, sono loro a ritardare il corso dei procedimenti), implicando una sfiducia generalizzata proprio nel ruolo della difesa tecnica; la stessa "vulgata" popolare attribuisce tutti i guasti della giustizia agli avvocati (talvolta a ragione, talvolta no). Insomma, in questo clima di generalizzata e progressiva sfiducia e svalutazione del ruolo dei professionisti, i consigli dell'ordine - e lo dico con tutto il rispetto - non trovano di meglio da fare che sfoderare la scimitarra ideologica della dignità professionale per una volgare questione di minimi tariffari! Ben altro ci sarebbe stato da fare - ma non è stato mai neppur tentato - per risollevare le sorti della dignità degli avvocati. L'appello alla dignità per basse ragioni di "borsa" mi sembra francamente - e mi scuso per l'ardire - poco degno!
Lo stesso discorso può farsi per i farmacisti - ai miei occhi ridicolizzati dall'assurda battaglia contro la commercializzazione dei farmaci nei supermarket - o per i tassisti (che, incredibilmente ed immeritatamente, hanno vinto la loro battaglia su tutto il fronte).
Le conclusioni a cui da tempo - e senza particolare originalità, lo ammetto - sono giunto sono poco confortanti: noi italiani, oggi, siamo gente (un popolo, francamente, non direi) disposta a tutto pur di non cambiare nulla. In tutto ciò scorgo con orrore qualcosa di sordido, di laicamente immorale, di disgustoso, il riecheggiare del ritornello "Franza o Spagna, basta che se magna", l'assoluta indifferenza morale, il disimpegno etico più disgustoso ed il qualunquismo più spericolato. Noi italiani incarniamo l'antimodello del civis: abbiamo solo diritti, nessun dovere; tutto ci è dovuto, in cambio di nulla.
Quale eredità, culturale ed etica, ci accingiamo a trasmettere ai nostri figli?
Io - che di figli non ne ho - sono molto preoccupato. Anzi, allarmato!
Spero di essere ipocondriaco.
Ciao,
Io sono un praticante presso studio legale e confermo quanto detto dal signore di cui sopra ... la sala avvocati del Tribunale Civile di Roma sembra una bisca d'infimo ordine !
Sorvolo sulle considerazioni sull'attività della pratica, certamente le conoscerete tutte ("manco un panettone a Natale !") ... Un modo come un altro per sfruttare la confusione da post-laurea.
Saluti,
P.
Ma quando in italia impareremo di nuovo un metodo per mandare tutti affarinculo.
@Gianluca:
come non essere d'accordo con te?
Perchè hai "nascosto" queste tue riflessioni in un commento e non le hai postate direttamente anche sul tuo interessante blog?
Ciao
@ herr doktor
perché qui, probabilmente, sarò più letto che non sul mio blog da 15 lettori! :-)
Ti ringrazio, comunque, per aver linkato il mio modesto scrittoio. Provvederò a ricambiare la gentilezza, avendo trovato il tuo blog molto interessante.
Cordialmente
Gianluca
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