02 aprile 2006

I guasti del Milan

Quando verrà scritta la storia di questi infami anni italiani, prima o poi, occorrerà riflettere sul ruolo nefasto avuto dall'A.C. Milan. Sì la squadra di calcio della capitale lombarda.

Per delle strane congiunzioni astrali, diversi presidenti di questa squadra hanno attraversato la storia nazionale, e non sempre sono stati dalla parte dei "buoni". Ci si ricorda ancora negli anni '60 del presidente Felice Riva, bancarottiere della prima ora che scappò in Libano con la casssa e di Franco Carraro, che ancora imperversa passando imperturbabile da una poltrona all'altra e da un padrino politico (Craxi) all'altro (Berslusconi). Ma fanno la loro bella figura anche i Duina (ancora bancarotta), i Buticchi (tentato sucidio), i Felice Colombo (carcere) ed i Giuseppe Farina, altro fuggitivo, questa volta in Kenia.

Ma ovviamente, i danni maggiori al Paese il Milan li ha procurati dal 1986 in poi, quando la presidenza della società viene assunta da "tu sai chi", la cui storia è magistralmente riassunta in questa bella pagina che ci ha fornito il filo conduttore di quest'articolo.

Sempre più teso ad affermare una sua dimensione affaristico-mecenatesca, il cavaliere dirige la sua ingombrante attenzione su quella che è la sola, vera, grande passione dell'italiano-vero: il calcio. Inizialmente per conferire al suo oscuro impero romano-svizzeo un'immagine di milanesità, le sue mire cadono sul Milan Calcio, dopo aver fallito con la pallacanestro.

Perfetto anche il tempo: il Milan è appena rientrato in Serie A da un paio di stagioni in serie B ed è più inguaiato che mai: pieno di debiti e con un presidente latitante in Africa, viene acquistato per un tozzo di pane. Potrà quindi facilmente vantarsi di aver preso una squadra sull'orlo del fallimento e di averne fatto uno squadrone.

Iniziano le carnevalate holliwoodiano-brianzole degli sbarchi in elicottero, delle campagne acquisti faraoniche, degli spot in televisione per sostenere la campagna abbonamenti, delle galvanizzazioni della frustrata tifoseria rossonera. Inizia in questo periodo il calcio drogato da decine di miliardi dati ad imbecilli in mutande.

Ma lui ha le idee chiare, dichiarando "Il Gruppo Fininvest adesso ècome un iceberg: la parte non visibile è il resto dell'attività, quella che brilla agli occhi di tutti è il Milan. Adesso siamo costretti a far bene - questo è l'imperativo categorico del Milan". Insomma, il Milan è lo specchietto per le allodole, tramite cui cui mostrare le sue sfavillanti abilità imprenditoriali e di uomo vincente. Cosa che gli riuscirà alla perfezione, sino a divenire il padrone assoluto dell'Italia, assimilibile solo al controllo sul Paese avuto da Mussolini negli anni '30.

Il clamore che accompagna il miliardario ingresso sulla scena calcistica amplia a dismisura la popolarità di "colui che non si può nominare". Del resto il tycoon di Arcore si muove a meraviglia in un ambito gretto, superficiale, greve e permeato di fanatismo come quello del calcio nazionale un ambito che si rivela subito un nuovo terreno di conquista affaristico, ricco delle allettanti "sinergie" tanto care alla retorica imprenditoriale berlusconiana. Il "sano" e "formativo" mondo dello Sport, la "educativa palestra di vita" dell'agonismo (come reciterà dagli schermi dei networks la retorica berlusconiana) sono per l'ambigua e chiacchierata Fininvest un rigenerante, depurativo palcoscenico pubblicitario e promozionale celebrato e moltiplicato dai suoi networks televisivi, ai quali possono inoltre assicurare audience e pubblicità e garantire spicchi di palinsesto.

Anche nell'ambito calcistico, ciò che la vieta e menzognera retorica berlusconiana proclama essere "geniale imprenditoria" e "formidabile business", a conti fatti si rivela essere la consueta "operazione d'immagine" costruita perfino sui debiti che confluiscono nelle segrete stanze dell'impero Fininvest. "A Berlusconi", scrive "La Stampa" il 14 febbraio 1990, "il Milan e servito prima come immagine, poi come interessante veicolo economico: è una fonte di liquidità di 60-70 miliardi annui mentre le passività del Milan (appartenente a Rete ltalia) attenuano gli attivi di altre aziende del gruppo - senza dimenticare che gli acquisti dei giocatori in pratica non costano nulla, venendo risolti con fideiussioni Per alcuni insomma, i debiti finiscono per diventare persino una voce positiva".

Le prodezze calcistiche del Milan targato Fininvest sono ormai negli annali del football nazionale e internazionale. Attraverso campagne-acquisti miliardarie come mai si erino viste prima nè in Italia nè all'estero, il Milan. alla fine degli anni Ottanta, è la più forte squadra calcistica del mondo - oltre essere il solo club calcistico al mondo che possa vantare il diretto collegamento con ben tre networks televisivi nazionali. Una "marcia trionfale" non priva di ambiguità, strumentalizzazioni, arroganze, tronfiaggini, da parte di un Berlusconi sempre più ingombrante e pervicacemente teso a imporre la sua preminenza in ambito sportivo a suon di miliardi; ma anche segnata di frangenti oscuri. Valga per tutte la vicenda Lentini.

Scrive Peter Freeman: "Seguendo l'esempio di molti dei suoi colleghi indagati, il deputato socialista Gian Mauro Borsano ha deciso di vuotare il sacco. Nei giorni scorsi, l'ex presidente del Torino Calcio ha depositato nelle mani dei magistrati che stanno indagando sul crack delle sue società finanziarie un voluminoso e, pare, ben documentato memoriale. Nel corso delle sue confessioni, Borsano ha ammesso di avere percepito in nero svariati miliardi corrispostigli per la cessione di alcuni calciatori del Torino, tra i quali Gianluigi Lentini, ceduto nel 1992 al Milan di Berlusconi. Pcr questa operazione Borsano avrebbe incassato sottobanco 6 miliardi e mezzo, soldi trinsitati su conti svizzeri e successivamente utilizzati sia per compensi fuori busta che per saldare i conti con i creditori delle sue società. Borsano non si è limitato a chiamare in causa il Milan [...].
Inutile a questo punto nascondersi dietro un dito o parlare di fenomcno circoscritto. La realtà che sta emergendo dall'inchiesta dei magistrati torinesi... è infatti quella di un calcio da tempo ridotto a terra di conquista da parte di personaggi dell'imprenditoria fortemente collusi con il potere politico e da questo agevolati nelle più spregiudicate operazioni [...].
Dalla confessione di Borsano ora apprendiamo che non solo lo staff milanista era dedito all'evasione fiscale, ma che, secondo quanto avrebbe dichiarato l’ex presidente della società granata, in occasione di un prestito concessogli da Berlusconi, il presidente del Milan, in violazione alle regole federali, gli avrebbe chiesto in garanzia una parte delle azioni del Torino. Se tali accuse fossero confermate ce ne sarebbe quanto basta per chiudere una volta per tutte la carriera sportiva ma anche quella politica, del Cavaliere di Arcore
".

Come invece sappiamo, la carriera di tu sai chi non solo non si è chiusa, ma si è aperta a nuovi splendori, con la sua "discesca in campo", e dal 2001 è diventato il nostro padrone e signore, si è preso tutto quello che voleva e poteva prendere. Mentre lui ha continuato ad arricchirsi noi abbiamo continuato ad impoverirci: economicamente, culturalmente, socialmente. E non è certo quando e come riusciremo a liberarcene.

Tutto ciò grazie a quella discesa in campo fatta dall'elicottero nel 1986 e sfruttando una delle massime sciagure nazionali: il Milan Calcio.