26 febbraio 2010

Formigoni dalla A alla Z/ A come Arese

Che c’entrano Formigoni e la giunta lombarda con Arese? C’entrano eccome, perché dopo gli annunci in pompa magna che l’ex polo automobilistico dell’Alfa Romeo dismesso in fretta e furia dalla Fiat, sarebbe diventato il primo polo della mobilità sostenibile in Italia, che avrebbe fatto della Lombardia la prima regione a basse se non a nulle emissioni, del polo della mobilità sostenibile, appunto, non se n’è fatto più nulla.

Forse qualcuno ricorderà i titoli dei giornali in cui Formigoni annunciava che dal 2005 in Lombardia sarebbero circolate solo auto a basse emissioni. Ebbene, siamo nel 2010 e Formigoni non riesce nemmeno a dare a tutti i taxisti che ne hanno fatto richiesta, gli incentivi per la sostituzione di un’auto inquinante con le fortunatamente sempre più diffuse, a prescindere da Formigoni, Toyota Prius ibride, metà elettriche e metà a benzina ad alta efficienza.

Oggi sulle aree dell’ex Alfa di Arese non sorge nessun polo della mobilità sostenibile e presto potrebbe registrarsi l’ennesima speculazione edilizia, con un rilevante consumo di suolo. Già nel 2006 i Cobas di Arese denunciarono l’interesse speculativo di Infrastrutture spa, il braccio di Regione Lombardia a cui è stata affidata la realizzazione di opere immobiliari e infrastrutturali: «Regione Lombardia, attraverso la controllata Infrastrutture Lombarde, ha presentato ai comuni di Arese, Rho, Garbagnate e Lainate un progetto sull'area dell'Alfa Romeo che stravolge completamente quanto concordato nel 2003-2004-2005 con tutti i sindacati di Arese: il polo della mobilità sostenibile - se mai si farà - sarà relegato ad un angolino, mentre su tutta l'area si costruiranno case, negozi "con 5-6mila abitanti" e "un parco" (mentre proprio in questi giorni è iniziata una enorme lottizzazione dei prati circostanti l'Alfa Romeo!)».

Mario Agostinelli, storico segretario della Cgil Lombarda e oggi capogruppo di Sinistra Ecologia e Libertà in Regione, denuncia a febbraio del 2009 sul Sole 24Ore la desertificazione di progetti degni di questo nome: «Purtroppo la Regione, gli interessi immobiliari e la stessa Fiat si sono di fatto alleati per affossare un anticipo di futuro, che l’analisi recente del Wuppertal Institute conferma come necessario per uscire alla crisi, come attesta nel 2009 lo sforzo del 10,8% di investimenti della Germania nei settori della sostenibilità, contro l’1,08% dell’Italia abbagliata dal nucleare. Eppure si trattava di un progetto necessario alla Lombardia, in grado di coniugare politiche industriali, qualità della vita, occupazione, emergenza ambientale e impegno pubblico: altro che Ecopass! Il modello Formigoni, tutto orientato alla messa a valore commerciale del suolo e delle aree, proprio a partire da Arese dimostra la sua incapacità a occuparsi di green economy e di specializzazione produttiva.

Ora siamo alla fine. Il master plan di Infrastrutture SpA (una società della Regione che ha ricevuto per questa esercitazione sulla carta di un paio di mesi 20 volte la cifra stanziata per il piano dell’ENEA elaborato in due anni!) coniuga la parola sostenibilità in una chiave opposta a quella indicata dai lavoratori di Arese: si tratta banalmente di “gradevolezza del sito”, come contorno allo sviluppo commerciale e residenziale. L’area produttiva è lì, con soli 700.000 metriquadri su due milioni, vuota, senza progetto alcuno. Un esito a nostro giudizio deprecabile, che rappresenta uno spreco inestimabile se traguardato nel medio lungo periodo. Ma, si sa, il ritorno elettorale non richiede di guardare lontano
».

E pensare che Formigoni, oltre ai proclami sull’“idrogeno per tutti” a luglio del 2003 avevano annunciato: «Sono ben 70 le aziende interessate a entrare negli ex capannoni dell'Alfa». Infatti furono stanziati 3 milioni per i corsi di formazione, 50 per le infrastrutture di collegamento, 20 per i nuovi centri di ricerca, 275 a sostegno del mercato, 350 di aiuti vari alle imprese (per un totale di quasi 700 milioni di euro). Nel 2005 le aziende da 70 sono scese a 15.

Le origini dell’Alfa (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) risalgono al 1910, quando 250 dipendenti producevano 300 automobili al giorno nello stabilimento del Portello, alle porte di Milano. Nel clou della propria vita industriale arriva a occupare 16mila dipendenti. Poi arriva la Fiat, preferita dal governo alla Ford che aveva presentato un’offerta più vantaggiosa di quella degli Agnelli, e di lì a poco inizia il tracollo. Gli anni Novanta sono anni di passione per i lavoratori. Nel 2003, il 27 febbraio, Regione Lombardia, Provincia e i Comuni interessati (Arese, Garbagnate, Rho e Lainate) firmano un accordo per la creazione del Polo della mobilità sostenibile. La Regione commissiona all’Enea uno studio di pre-fattibilità che prevede l’insediamento, nelle aree dimesse dell’Alfa, di strutture di ricerca per sistemi di mobilità urbana alternativa.

Ma nell’area del polo della mobilità sostenibile, 70mila metri quadri, dove le aziende sarebbero disponibili a partire per realizzare vetture a emissione zero, le istituzioni, Regione Lombardia in testa, nonostante i proclami di Formigoni, non si muovono. I sindacati ma soprattutto le imprese straniere disponibili si stufano e smontano le tende. Temono che ormai sull’area l’unica partita possibile sia una grande speculazione immobiliare. L’occasione è persa.

L’autocritica L'Alfa di Arese tra delusioni e speranze, a cura di Enzo Dell'Olio e Andrea Trentini documenta la storia degli ultimi anni, raccontando passo passo il percorso che ha portato «dalle automobili agli immobili» e ad una vera e propria «stagionatura di una bufala», quella della riconversione produttiva del sito di Arese, prima enfatizzata dalla Regione e poi dimenticata, come se si fosse trattato di un semplice equivoco.

L’obiettivo era la costruzione della “filiera” di un modo nuovo di muoversi: la ricerca, la progettazione, la produzione, la commercializzazione di veicoli con motori a combustibile non tradizionale (ibridi alimentati da celle a combustibile, idrogeno) in un intreccio tra centri di ricerca, università (a partire dal Politecnico), industria. Nello studio, durato due anni, vengono monitorati i flussi di persone e merci (di cui il 90% viene trasportato su gomma) e vengono prese in esame le esperienze internazionali positive intraprese in situazioni di analoga complessità. Il risultato dimostrava che il Polo per la Mobilità Sostenibile si può fare. Ma Formigoni non ne è stato capace.

Un progetto chiuso nel cassetto. Eppure allora si leggeva così, nel comunicato di presentazione del progetto: «Il progetto costituisce la risposta in positivo alla crisi dell’insediamento industriale Fiat-Alfa Romeo di Arese così com’è stata elaborata dalla Regione Lombardia di concerto con le Organizzazioni sindacali, con le Amministrazioni comunali competenti e le società proprietarie delle aree (Protocollo di intesa del 28 Luglio 2003, accordo di programma del 13 Aprile 2004)».

Questo progetto si ripropone di individuare le possibili soluzioni alla crisi ambientale in Lombardia, riqualificare il sistema industriale lombardo, riposizionare l’impegno della ricerca avanzata nel settore della mobilità e collocare la Lombardia nel piano strategico dell’Unione Europea incentrato sull’impiego dell’idrogeno come vettore energetico del futuro.

Era un accordo storico, quello del 2003, a leggere le agenzie di Formigoni. Un accordo che avrebbe risolto tutti i problemi, a cominciare da quello occupazionale. Il «polo del futuro», non «un astratto futuribile», aveva annunciato Formigoni, un progetto contraddistinto da «un alto indice di concretezza e fattibilità» (Lombardia Notizie, 29 luglio 2003). Se ne parla ancora a Rimini, durante il Meeting, nell’agosto del 2004, e il «polo del futuro» compare anche nelle promesse elettorali del 2005. Poi, Formigoni smobilita. E si dimentica di Arese, dell’idrogeno e della parola data.

Nel 2006 spunta un incarico a Infrastrutture Lombarde per la redazione di un nuovo progetto, un master plan per l’area di Arese. Si ricomincia daccapo. Nel 2007 spunta anche la pista cinese: Regione e Comune di Milano pensano sia una bella idea trasferire nell’area dell’ex-Alfa i grossisti cinesi di via Paolo Sarpi (altro problema che la destra-di-governo-si-fa-per-dire non è riuscita ad affrontare in questi anni), ma anche questo “piano” non ha funzionato. Ora rimane solo lo scenario immobiliare, l’unico che la Regione Lombardia sia riuscita, in quindici anni, a promuovere.

Del progetto dell’Enea, la Regione non ha fatto più nulla: «Formigoni non lo ha mai divulgato, quando sono stato eletto consigliere regionale nessuno ne sapeva nulla» dichiarerà tre anni più tardi Mario Agostinelli. Arese è passato così dal Polo per la Mobilità sostenibile al Polo dell’Edlizia
Residenziale e Commerciale. Un altro fiore all’occhiello dell’eccellenza del modello lombardo.

In extremis, sull’area di Arese, avrebbero potuto trovare sede i padiglioni dell’Expo 2015, così da evitare un ennesimo episodio di consumo (inutile) di suolo. Invece, si è preferito collocarli in un’area agricola. Expo 2015, del resto, è dedicata al tema dell’«alimentazione, energia della vita». Un’area agricola fa al caso suo, non c’è dubbio. Arese, invece, può attendere. Come ha fatto in tutti questi lunghi anni.

(da "Il libro grigio della giunta Formigoni" di Giuseppe Civati & Carlo Monguzzi)

Puntata precedente: Cielo grigio su, cielo grigio giù

3 commenti:

Stefano ha detto...

"250 dipendenti producevano 300 automobili al giorno", credo sia un piccolo refuso, a meno che non lavorassero 36 ore al giorno.
Bell'articolo, è osceno pensare che stiamo sempre cadendo più in basso, moralmente ed economicamente. Dopo la Grecia, toccherà a noi?

chartitalia ha detto...

Beh Stefano,
non è che 1 operaio lavorasse tutto da solo su una singola macchina, suppongo ci fosse la solita organizzazione tayloriana con la catena di montaggio e, tutta la forza lavoro era in grado in quel sistema di produrre 300 macchine al giorno. Perchè parli di refuso?

Anonimo ha detto...

Stefano qui siamo a Milano mica a Napoli!!!!

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