Già, questo è uno di quei post "politici", croce per alcuni lettori e delizia per altri. Ovviamente i primi possono astenersi dalla lettura e passare ad altro. I secondi possono invece trovare qui sotto una veloce analisi delle linee programmatiche presentate dai tre candidati alla guida del Partito Democratico: Pierluigi Bersani, Dario Franceschini e Ignazio Marino (in ordine rigorosamente alfabetico).
Diamo per scontato che nessuno di voi, o quasi, abbia voglia di leggersi le tre mozioni dei tre candidati, anche perchè si stenta a percepirne le differenze, che tuttavia ci sono. Comunque, anzichè presentare una loro sintesi, troviamo più efficace metterle a confronto su alcune tematiche portanti, sviluppando una felice idea di Alice Bassi. Eccovi il pippotto.
1. AMBIENTE
Tutti e tre i candidati propongono programmi su base ambientaliste puntando su forti investimenti in tecnologia e adattabilità del sistema produttivo. Comunque mentre i programmi di Bersani e Franceschini sono piuttosto simili, Marino si spinge un po' più avanti, con un secco no al nucleare e puntando obamanamente su energie rinnovabili e nuove tecnologie, riforma dello stoccaggio dei rifiuti, incentivi al riciclaggio, incentivi/disincentivi per chi utilizza o non utilizza i prodotti ecologici, adeguamento energetico-ambientale degli edifici, promozione dell'eco-sostenibilità sin dalla prima infanzia, progetti verdi per le città. Insomma l'impressione è che l'ambientalismo di Bersani e Franceschini sia un po' generico e di maniera mentre quello di Marino è un po' più propositivo e più convinto.
2. NUCLEARE
Del nucleare nel programma di Bersani non c'è neanche traccia e quindi non ci è dato sapere cosa ne pensa dell'argomento, mentre Franceschini e Marino si dichiarano contrari. In particolare Franceschini si dichiara contrario al nucleare del passato, lasciando intravedere che invece quello del futuro... Marino, facendo fede al motto evangelico del sì sì, no no, si dichiara contrario al nucleare in tutte le sue forme e cita il premio Nobel Rubbia: l'uomo non è in grado di gestire lo stoccaggio delle scorie radioattive, che restano inquinanti per milioni di anni.
3. LAVORO
Qui gli intenti di Bersani e Franceschini sono identici: abbattere le storiche barricate che vedono contrapposti lavoratori e imprenditori e renderli protagonisti di un unico progetto comune, secondo un principio di solidarietà reciproca. Cosa un tantino velleitaria ed utopica che sa un po' di aria fritta. Marino, più concretamente vuole una riforma del mondo del lavoro, che deve diventare flessibile, rispettoso di chi vi entra e anche di chi vi esce. Reddito a chi resta senza lavoro. Selezioni e premi basati sul talento e non sulle raccomandazioni. Formazione professionale continua.
4. WELFARE
Su questo punto, i tre candidati parlano in modo molto simile. Franceschini parla degli istituti del Welfare, Marino propone riforme del mondo del lavoro con introduzione di un salario minimo nei periodi di non occupazione e Bersani, come gli altri due, punta anche sul sostegno all'impiego femminile e nell'inserimento dei giovani. Non ci sono, fra i tre, sostanziali differenze.
5. GIUSTIZIA
Le tre mozioni sono simili su questo punto: recidere i rapporti tra mafia e politica, favorire efficienza giustizia, risolvere conflitto di interessi. Una differenza è la sottolineatura che Marino e Bersani pongono in favore del pluralismo e della libertà d'informazione, mentre Franceschini non ne parla.
Bersani, inoltre, conduce un'analisi approfondita sulla necessità di riforma della Pubblica Amministrazione e sul buon esempio che i vertici di un Governo devono dare ai funzionari pubblici, in modo che il rapporto fra sicurezza e legalità possa trarne proficuo vantaggio.
Da sottolineare che tutti e tre si propongono di risolvere il conflitto di interessi: solo che Bersani e Franceschini hanno avuto l'occasione di farlo per 7 anni quando sono stati al potere nel 1996-2001 e 2006-07 con gli esiti che sappiamo. E quindi con quale credibilità (vedi oltre)?
6. SISTEMA POLITICO
Bersani preferisce il sistema proporzionale alla tedesca, fortemente voluto da D'Alema, che favorisce la rappresentatività per più partiti ma che - ne abbiamo avuto esperienza - frantuma la maggioranza e la governabilità del Paese.
Franceschini e Marino conducono un'analisi simile, con la differenza che Marino aggiunge il suo no alle liste bloccate e il sì alla possibilità dei cittadini di scegliere singolarmente tutti i loro rappresentanti.
7. LAICITA'
Bersani e Franceschini si muovono su strade identiche: la laicità resta teorica, un principio da seguire ma che non vincola a determinate scelte legislative. Per entrambi, le coppie di fatto non sono assimilabili alle famiglie "normali", anche se si propongono di riconoscerle e fornire un contratto di convivenza.
Marino ha fatto di questo tema la sua icona: la laicità deve essere il metodo, non solo un principio al quale ispirarsi ma anche un vincolo per la promozione di leggi in difesa dei diritti civili, individuali e collettivi di tutte le persone. In merito alle coppie di fatto, auspica un completo riconoscimento e un complesso di leggi che porti alla parificazione dei loro diritti giuridici rispetto a quelli di tutte le altre famiglie. Vuole istituire le unioni civili sullo stampo delle Civil Partnerships inglesi per le coppie omosessuali e legalizzare l'adozione anche per gli individui single.
8. FORMA DI PARTITO
Franceschini e Marino auspicano un'apertura del Partito Democratico, che con Marino si verifica a tutto tondo, mentre con Franceschini si parla di contributo dei non iscritti solo in occasione delle grandi scelte.
Bersani vuole che questi partecipino solo quando lo Statuto lo permette. Inoltre, Bersani si ritiene favorevole alle Primarie solo in occasione della scelte del leader della coalizione di Governo, ossia: PD + alleanze con altri Partiti.
9. ALLEANZE
Franceschini non chiude all'idea di un'alleanza con l'UDC, ritenendola però improbabile a causa delle differenze sostanziali fra le realtà dei due Partiti; Bersani vuole un'alleanza allargata a tutto il centro-sinistra.
Sia Marino che Bersani - e anche Franceschini - vogliono alleanze sulla base dei punti programmatici del PD, ma la differenza sta nel fatto che Bersani vuole un'alleanza a base allargata a tutto il centro-sinistra, mentre Marino vuole alleanze non con Partiti bensì con persone che condividono i punti del Programma del PD e che si riconoscano nell'area progressista del Paese.
10. CULTURA DIGITALE
Infine, prendiamo questo tema, che ci sta particolarmente a cuore, come pura cartina di tornasole (un grazie ad Antonio Tursi) per un giudizio sintetico sulla varie mozioni.
Franceschini, durante i giorni dell’assemblea che lo elesse, sbottò contro quella che l’Unità definì “la rabbia del Web” e cioè contro e mail, commenti ai blog, prese di posizione che invasero il ciberspazio in quel periodo, tesi a invocare un congresso immediato. Franceschini dichiarò: “Ma scusate la base qual è? Quella dei blog o quella che abbiamo visto sabato, le duemila persone elette con le primarie? Quella è gente vera, non virtuale. Gli italiani non sono il popolo della rete”.
Da parte sua, Bersani alla recente festa del partito a Genova ha concluso: “Va bene, sì, Internet, la tecnologia e tutto l’ambaradan. Ma non si può fare politica se non si guarda la gente negli occhi”.
Questo per il folclore. Non fatemi andare indietro nel tempo a disotterrare le leggi obbrobrio sulla rete che hanno tirato fuori i governi dell'Ulivo e dell'Unione: dalla demenziale legge sull'editoria all'equo compenso, dai soliti rimaneggiamenti della legge sul diritto d'autore a favore delle lobby degli editori, sino al fiancheggiamento dello sciagurato decreto Urbani all'epoca del precedente governo della tessera P2 nr. 1816.
Alt, parlare di digitale non significa prestare più o meno attenzione a meri strumenti tecnologici, a gadget, all’ultima novità mediale bensì cogliere elementi di mutazione sociale complessiva. Un cambiamento nell’economia, nella cultura, nella formazione delle identità, nel modo di fare politica, nell'aver capito cos'è una network society. Un modo nuovo di valorizzazione delle risorse, di condivisione di pensieri ed emozioni, di strutturazione del potere. Significa in definitiva entrare in relazione con le soggettività del nostro tempo.
Se si incentra invece la propria mozione (come fa Bersani) sul tema cardine della produzione (e di conseguenza dei ceti produttivi) significa non aver colto quel cambio di paradigma economico che segna l’epoca postfordista: oggi il valore emerge di preferenza nei tempi improduttivi, nei tempi liberi, dalla condivisione piuttosto che dalla produzione. Molte delle più importanti innovazioni del mondo contemporaneo sono nate per caso in qualche garage, da giovani che non rientravano affatto tra i ceti produttivi. Chiedete a quelle aziende che consentono ai propri dipendenti di "perder tempo" con i social network.
Franceschini cerca di fare il figo con continui riferimenti a gadget tecnologici: il computer proposto come icona, la green economy, un forte legame tra merito e mezzi tecnologici. Perfettamente in linea con la linea della sua intera mozione: un nuovismo vago e indeterminato, senza tematizzare alcun problema specifico.
Cosa che invece fa Marino. Da un lato, non si limita a indicare nella rivoluzione verde il prosieguo della rivoluzione informatica ma va oltre, riuscendo a individuare accanto e al di là della green society, una care society, una società della cura, della salute, della sanità come volano di sviluppo (non a caso Obama ha fatto della riforma sanitaria il suo cavallo di battaglia).
Se la cultura digitale non riguarda solo gadget tecnologici, ma permette di cogliere il tempo nuovo in cui ci è dato vivere, Marino sembra sicuramente quello dotato di maggiore capacità prospettica. Delle tre mozioni l’unica a occuparsi di questioni più specifiche alle reti telematiche è proprio quella di Marino che, all’interno di un’attenzione generale all’informazione, affronta i problemi della banda larga nel nostro paese e della libertà dei citizen journalists, cioè di tutti noi che pubblichiamo qualcosa su internet.
Marino capisce che “è una politica miope quella che si occupa delle leggi sulla comunicazione ignorando che nel futuro i nuovi mezzi che oggi rappresentano lo strumento di massima democrazia, potrebbero finire per essere controllati da pochi colossi industriali e limitati da normative che tendano ad introdurre limiti all’informazione in rete”.
Insomma, la sua mozione spiega perché Marino non ha mai contrapposto la Rete ai circoli e riesce a ottenere l’appoggio dei cibernauti. Saranno episodi determinanti, come lo sono stati in America per la vittoria di Obama?
CREDIBILITA'
Questo tema non è una linea programmatica e non è scritta in nessun paragrafo dei più o meno ponderosi programmi. ma nell'intera biografia dei tre candidati. E' l'essenza stessa della competizione. Quale dei tre candidati è più credibile?
Franceschini e Bersani affondano le loro radici nei partiti storici di provenienza, rispettivamente la DC ed il Partito Comunista, avendone percorso i vari gradini: da amministratori locali sino a posizioni di vertice che mantengono dagli anni '90, incluse le esperienze governative a partire dal 1996. E' cosa piuttosto nota che dietro loro si intravedono i soliti duellanti -Veltroni e D'Alema- che ammorbano il panorama politico della Sinistra italiana da quasi vent'anni.
Marino viene invece dalla società civile: noto ed apprezzato chirurgo non è neanche stato iscritto ad alcun partito sino a pochi mesi fa quando ha preso la tessera del PD quasi esclusivamente per candidarsi a guidarlo. Più o meno come hanno fatto la gran parte dei suoi sostenitori.
E' noto alle cronache politiche solo ultimamente a causa della sua limpida posizione su testamento biologico e diritti civili. Cattolico di formazione è il più convinto assertore della laicità dello Stato non accettando ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche.
Bersani e Franceschini sono due esponenti della vecchia nomenklatura politica in vario modo responsabili degli innumerevoli fallimenti della Sinistra italiana degli ultimi vent'anni. Non a caso, tutti i responsabili di tali fallimenti sono schierati dietro loro: D'Alema, Rosy Bindi, Enrico Letta, Visco e Russo Jervolino con Bersani. Veltroni, Fassino, Marini, Rutelli e Minniti con Franceschini. Hanno avuto ampia possibilità di realizzare il buono asserito nei loro programmi, ottenendo solo insuccessi clamorosi. Primo tra tutti l'aver spinto il paese nelle mani di un pregiudicato piduista puttaniere. Con quale credibilità si presentano per realizzare quello che non sono stati capaci di realizzare negli ultimi due decenni?
Altro esempio della scarsa credibilità dei vetusti Bersani & Franceschini. Giuseppe Civati ha proposto ai tre candidati un confronto pubblico. Ignazio Marino ha dato immediatamente la propria disponibilità, ma i due maggiori candidati sembrano non volerne sapere. Franceschini ha mostrato di avere senso dell’umorismo, dichiarando che il confronto «ci sarà l’11 ottobre, durante la convenzione», mentre Bersani non si è neppure degnato di rispondere. Come da copione, insomma: anche loro due hanno più cose in comune con Berlusconi di quanto possa sembrare. Agli elettori democratici, gli stessi che hanno pensato ogni male di Berlusconi per il suo essersi sottratto al confronto nel 2001 e nel 2008, la cosa sembra non importare molto. Voteranno davvero per qualcuno che replica esplicitamente i comportamenti del loro odiato avversario, e che con ogni probabilità nel 2011 implorerà Berlusconi o chi per lui di partecipare a un confronto, riempiendosi la bocca di pompose dichiarazioni sulla democrazia e l’importanza del dibattito? Probabilmente sì, e perderanno ancora: dovendo scegliere tra un candidato berlusconiano e uno che imita i suoi pavidi trucchetti professandosi nuovo e alternativo, gli italiani continueranno a preferire l’originale.
In realtà, che le primarie le vinca Bersani o Franceschini, è del tutto indifferente e l'attuale status quo verrà prorogato indefinitivamente, salvando in blocco l'attuale, fallimentare, gruppo dirigente del PD. Tant'è che stanno già pensando di mettersi d'accordo in modo da rendere pressochè inutili le primarie. Da gente abituata ad inciuci vari, non ci si poteva attendere altro.
L'unica possibilità che abbiamo per mandare a casa questa masnada che ci governa è iniziare a mandare a casa l'intera dirigenza che ha retto le sorti della Sinistra a partire dagli anni '90. Ovvio che loro sponte non lo faranno mai e che occorre dar loro una mano. E la possibilità verrà con le primarie. Quando avrà la possibilità di esprimersi l'intero potenziale elettorato di Sinistra e non solo gli iscritti al PD allo scorso luglio.
Ah, si è capito che le mie simpatie vanno a Marino?
10 settembre 2009
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