La riuscita dell'album ha qualcosa di miracoloso: tutti i pezzi inclusi furono eseguiti per la prima volta solo all'atto della registrazione, con Davis che introduce il tema e poi lascia improvvisare il resto della band. La musica era di una modernità estrema per l'epoca (1959), con costruzioni modali rigorosissime, ma l'ascolto riesce tra i più gradevoli e rilassanti, sino a sconfinare nell'easy listening. Insomma, l'album funziona a diversi livelli: da colonna sonora di puro background ad oggetto di studio da Conservatorio.
Tutti i pezzi dell'album sono infatti divenuti dei veri e propri cult e risultano tra i più studiati ed ascoltati dell'intera storia della musica. Ad iniziare dal pezzo di apertura, So What, con il leggendario giro di basso inziali di Paul Chambers, seguito dagli assoli di Davis che dettano i canoni del jazz modale.
Personalmente stravedo per i brani più lenti e rarefatti, quali i conclusivi Blue in Green (uno dei più bei pezzi di "cool jazz" mai scritti) e Flamenco Sketches, tranne ricredermi quando sento gli assoli di Freddie Freeloader (unico pezzo in cui Bill Evans è sostituito al piano da Wynton Kelly). Stilare una classifica dei brani di questo disco è un delitto, ma dobbiamo pur mantenere fede alla nostra missione. Eccola, dunque (tra parentesi, il numero di traccia):
- Blue in Green (#4)
- So What (#1)
- Flamenco Sketches (#5)
- Freddie Freeloader (#2)
- All Blues (#3)
Beh, è sicuramente un album da regalare ad una persona che amate: se non ce l'ha nella sua discoteca, avete già risolto il problema di cosa regalare per la prossima occasione.
Voto: 10 (e lode)
Articolo precedente della serie: Pithecanthropus Erectus di Charles Mingus
1 commento:
Posta un commento
Tu sei libero di dire quello che vuoi. Io sono libero di cancellare quello che voglio. In particolare, i commenti ingiuriosi e/o stupidi si autocancelleranno.
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.