Chi è Andrea Colasio? Se in Italia vi fosse un minimo di trasparenza sui poteri delle lobby, sarebbe ovvio che si tratta di uno dei punti terminali della lobby del cinema. La stessa lobby che a suo tempo partorì il mostro giuridico della Urbani. E che ora si appresta a partorirne un altro.
In sostanza, questa mosca cocchiera della miserevole industria dello spettacolo italiota si sta battendo per "salvare il cinema" a spese di internet. Come? Tassando le "immagini in movimento" visualizzate all'interno di un browser. In altre parole, vuole mettere una tassa del 3,5% sul traffico generato dalla visualizzazione di qualsiasi filmato su internet. Anche (o sopratutto) sui filmati amatoriali messi e prodotti dagli stessi utenti, per esempio, su YouTube o su Google Video.
Sono andato a vedere il (patetico) sito di Colasio e dalla sua breve biografia mi hanno colpito un paio di particolari che ricorrono spesso nelle biografie dei personaggi che infestano questo infelice paese:
1) è un altro del nord-est, Padova per la precisione;
2) viene dal mondo del collaborazionismo cattolico.
22 settembre 2006
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3 commenti:
Mi sono andato a vedere il ddl (si tratta del C120 e debbo riconoscere che il nostro Colasio merita una particolare menzione di demerito.
Il passaggio controverso, relativo al finanziamento delle attività cinematografiche, è contenuto nell'art. 32 (rubricato "risorse finanziarie"), il quale - se passasse così com'è - disporrebbe che: "Costituiscono delle risorse dell'Agenzia destinate alle finalità di cui alla presente legge:
(omissis)
e) una quota pari al 3,5 per cento del
fatturato annuo lordo degli operatori INTERNET
derivante da traffico IPTV, streaming
TV e, in genere, da traffico di
contenuti di immagini in movimento;
(omissis)."
Personalmente trovo inaccettabile ogni forma di finanziamento statale ad attività che non siano strettamente necessarie a garantire un servizio essenziale ai cittadini (vi rientrano, nell'ottica dello "stato minimo" di marca liberale, la difesa, la giustizia, l'istruzione, la sanità), giacché - al di là delle buone intenzioni - è ben noto che i finanziamenti vengono distribuiti con criteri poco commendevoli (se non apertamente illeciti).
Mette i brividi, poi, l'idea di una Agenzia Nazionale per il Cinema e l'Audiovisivo (il cui organico ha una composizione non chiara, sia per il numero dei componenti, sia per la loro estrazione... ma non dubito che clientele e nepotismi - more solito - saranno titoli preferenziali per le nomine). Un'Agenzia che - con criteri non dissimili da quelli oggi correnti per la Direzione generale cinema - dovrà stabilire il grado di meritevolezza del contributo per questa opera, piuttosto che per quest'altra.
Ed è qui, a mio avviso, che si tocca il fondo: nelle enunciazioni programmatiche dei primi articoli del ddl, laddove si proclama che:
"1. La Repubblica riconosce le attivita`
cinematografiche e audiovisive quale elemento
strategico del patrimonio culturale
del Paese, strumento di comunicazione e
di aggregazione sociale, di affermazione
dell’identita` nazionale, rilevante dal punto
di vista industriale, occupazionale ed economico.
2. La Repubblica promuove la diffusione
dei prodotti cinematografici e audiovisivi
nazionali nell’ambito dell’Unione
europea e all’estero.
3. I comuni, le province, le citta` metropolitane,
le regioni e lo Stato sostengono
la creativita` e la liberta` di espressione,
promuovono l’innovazione artistica,
imprenditoriale e tecnologica, favoriscono
lo sviluppo dell’industria cinematografica e
audiovisiva e incentivano la tutela del
patrimonio filmico e audiovisivo." (art. 1).
L'audiovisivo elemento strategico del patrimonio culturale italiano? Strumento di aggregazione sociale e di affermazione dell'identità nazionale? Da imporre manu militari nell'Unione Europea e all'estero?
Da uno sguardo molto superficiale - lo ammetto - la tecnica di redazione del ddl mi pare in linea con quel che le Camere ed i Governi delle ultime tre legislature ci hanno abituato a chiamare legge. Dunque, ci troviamo di fronte ad un orrore linguistico! Ma - ed è peggio - c'è una venatura ideologica perniciosissima. Basti riflettere, ex multis, sul fatto che la Repubblica riconosce il cinema come strumento per l'affermazione dell'identità nazionale.
Non ci staremo (ri)avviando al cinema di propaganda del Ventennio?
Ne dubito, visto che a riconoscere il valore della cinematografia è "la Repubblica" (cioè lo stato-comunità), mentre a "cacciare i soldi" è l'Agenzia (cioè lo stato-apparato). E - benché (paradossalmente) possano essere ben rappresentativi dell'identità nazionale (sempre a patto di capire chi debba stabilire in cosa essa identità consista) - "non possono essere destinatari di
contributi di alcun tipo i film che non
hanno ottenuto la nazionalita` italiana, ai
sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo
22 gennaio 2004, n. 28, e che per contenuti,
tematiche, immagini o sequenze
sono in grado di nuocere gravemente allo
sviluppo fisico, mentale o morale dei
minorenni, che contengono scene pornografiche
o di violenza gratuita. La presente
disposizione si applica anche ai
film che, pur non rientrando nella categoria
di cui al periodo precedente, contengono
incitamento all’odio basato su
differenze di razza, sesso, religione o
nazionalita'" (art. 7, ult. comma).
Insomma, la solita porcheria.
Nella categoria "immagini in movimento" rientrano tranquillamente cose come gif animate e animazioni flash...
Quindi siamo all'ennesima riedizione di una legge fatta nell'ignoranza più cupa di internet, ad uso e consumo di una ristretta cerchia elitaria di supercittadini e che trasforma qualunque cosa in cui non abbiano interessi le lobby in un territorio da saccheggiare.
Perché per esempio nessuno avanza mai una proposta simile in cui però si tassano del 3,5% gli introiti degli spettacoli per finanziare la Sanità Pubblica?
Se passasse una legge come questa proposta dal solito Onorevole Attila vorrei che qualcuno mi spiegasse cortesemente la differenza fra questa maggioranza e il catastrofico quinquennio berlusconiano.
Stargazer, hai tutta la mia solidarietà. Purtroppo la penetrazione delle lobby nei partiti è trasversale agli schieramenti. Come lo è, purtroppo anche il livello di competenza su internet ed in generale sulle nuove tecnologie.
Per orientarsi in politica meglio guardare ad altri temi, pena pesanti disillusioni.
Aggiungo che mi lascia molto perplesso che si possano avanzare proposte di tassazione di questo tipo e rifiutare proposte simili, ma molto più positive, come quella della flat per legalizzare il P2P. Forse è solo una questione di termini. Proviamo a chiamare la flat "tassa", e proponiamo di costituire un' "agenzia" per distribuirne il gettito. Chissà...
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