18 novembre 2005

Dopo i DJs, i dentisti

Non so se quando siete sotto le amorevoli cure del vostro dentista soffrite di più a causa della detartarizzazione che vi sta effettuando o per l'Eros Ramazzotti che vi propina sullo sfondo, o per la parcella che vi verrà presentata. Fatto sta che la SCF (Società Consortile Fonografici) vuole anch'essa la sua parcella e la vuole dai dentisti che diffondono musica nei loro studi.

La famigerata legge sul diritto d'autore asserisce infatti che per diffondere musica in pubblico è necessario ottenere l'autorizzazione da tutte le parti che contribuiscono alla creazione del prodotto musicale: autori, interpreti e produttori, rappresentati appunto da SFC.

La cosa sembrerebbe quasi normale e ragionevole. Se non fosse per un paio di bizzarrie. La prima riguarda il buon senso: non so davvero quanto si possa definire "pubblico" uno studio privato di un professionista in cui, suppongo, viene ricevuta e curata una sola persona per volta. La seconda riguarda i tecnicismi della legge, che riserva alla sola SIAE il monopolio della riscossione dei diritti d'autore: cosa c'entra quindi la SCF?

La cosa non è nuova, considerando che anche i DJs sono sotto attacco della SCF, tant'è che tempo fa ci eravamo occupati di una loro petizione, stanchi di essere vessati dalle mostruose ambiguità della legge sul diritto d'autore che li espone a pesanti multe e sanzioni penali.

Certo, i dentisti non sono una categoria particolarmente "simpatica" e sicuramente non hanno bisogno della difesa da parte di nessuno. Ma la voracità dei tanti detentori di diritti d'autore un po' ci inquieta: scommettiamo che vengono a chiederci i "diritti" per la musica che facciamo ascoltare ad un nostro amico cui diamo un passaggio in macchina?

6 commenti:

Anonimo ha detto...

qui si rasenta l'assurdo.

Anonimo ha detto...

Ciao Michele ciao tutti.
Proverei a buttarne giù un paio per chi ha voglia di ragionare a tutto campo.
Non è vero in assoluto che "La famigerata legge sul diritto d'autore asserisce infatti che per diffondere musica in pubblico è necessario ottenere l'autorizzazione da tutte le parti che contribuiscono alla creazione del prodotto musicale: autori, interpreti e produttori, rappresentati appunto da SFC."

La legge dice,all art 73, quello sempre citato da scf, che i produttori hanno diritto ad un compenso e non che hanno titolo a rilascaire autorizzazioni per "far ascoltare musica in pubblico".

Questo primo punto potrebbe già essere utile ma andiamo avanti... lo stesso art 73 dice che la misura e le modalità del compenso sono stabilite dal regolamento, il quale al suo articolo 23 ci rimanda al DPCM 1 settembre 1975 dove si scopre che in assenza di accordo fra le parti (autori vs produttori?) la misura del compenso è del 2% (2% della quota stabilità dal diritto d'autore pagata attraverso l'autorizazione che solo la siae può rilasciare)

E anche questo passaggio presenta una bella serie di spunti di ragionamento, il dpcm poi ci dice che il produttore una volta entrato in possesso della sua quota fa a metà con l'eventuale esecutore/interprete....

Forse i nostri poveri dentisti non se lo caveranno il dente ma in linea generale non trovate che qualcosa non torni con quanto ci dice FIMI/SFC?

Massimo (il dj che non c'è)

Anonimo ha detto...

Ah! scusate il DPCM dice anche che al compenso si ha diritto con "L'USO DIRETTO" del disco o di analogo strumento (la propria copia personale non è il disco del produttore, il file legalmente detenuto sul proprio server non è il disco eccetera eccetera) :)

massimo

chartitalia ha detto...

Ciao Massimo.

Non credo che in giro ci sia molta voglia di ragionare, tanto meno a tutto campo...

Come forse sai, il mio approccio non è quello di leggere tra i "combinati disposti" della normativa sul diritto d'autore: un vero e proprio mostro giuridico cui, spero, il nuovo governo vorrà mettere mano dopo gli scempi di questi ultimi anni (cui anche i governi di centro sinistra hanno contribuito in qualche misura).

E che anche la sinistra debba liberarsi dal vassallaggio verso l'"industria culturale" è un dato di fatto purtroppo noto. Ciò di cui occorre liberarsi è la cultura repressiva degli Urbani e dei Masi, non a caso commissario straordinario della SIAE messo lì nella scorsa legislatura.

1 abbraccio

Anonimo ha detto...

Ma vi rendete conto che le discoteche pagano tre volte il diritto d'autore? La prima volta quando comprano il disco o cd, la seconda su ogni biglietto d'ingresso e la terza pagando il diritto di diffusione con il modulo compilato dal DJ. È giusto pagare il diritto d'autore, ma qui si esagera. Ciao, Gianni.

Anonimo ha detto...

no le disco la pagano una volta sola, o se preferisci una alla volta :)

il 10% circa di diritto d'autore compreso nel biglietto è lo stesso del "modulo".. nel senso che sul modulo c'è il ome di colui che si prenderà quel 10% del bislietto.

:o)

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