Londra, 7 luglio 2005: il trionfo dell'ovvio.
Ovvio l'attentato terroristico. Ovvie le scene di devastazione. Ovvio lo strazio. Ovvie le dichiarazioni. Ovvie le reazioni. Ovvi i rimedi che si intendono adottare. Ovvio il richiamo alla "libertà". Ovvia la contrapposizione tra il bene e il male. E soprattutto, ovvio chi ne è stato l'ideatore.
E da quest'ultima ovvietà scaturisce una sagra di ovvietà, ovviamente: Non ci faremo intimidire. Non vinceranno. Saranno portati davanti alla giustizia. Li prenderemo tutti. Adotteremo presto nuove misure antiterrorismo. La guerra al terrorismo prosegue.
Dette e sentite migliaia di volta negli ultimi anni, a partire da quella certa data di settembre 2001. Di cui, dopo 4 anni non sappiamo ancora granchè. Non sappiamo come si sono svolti i fatti. Nessuno delle decine di dubbi su quanto avvenne quel giorno è stato chiarito. Neanche da una apposita commissione d'inchiesta.
E la retorica de: non vinceranno (dopo 4 anni il terrorismo è più vivo che mai), li prenderemo (i più noti terroristi continuano ad operare a piede libero), difenderemo la libertà (leggi liberticide hanno limitato la libertà di normali cittadini), porteremo il terrore presso di loro (centinaia di migliaia di persone innocenti sono state massacrate in Medio Oriente) così non potranno portarlo presso di noi (il terrorirismo ha appena colpito uno dei simboli dell'Occidente).
Ma quello che più irrita è che tutte le reazioni ed i commenti danno per ovvia l'unica cosa che ovvia non è: chi è stato?
08 luglio 2005
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