28 maggio 2006

Intervista al fondatore del Partito dei Pirati

Come segnalammo qualche post fa, in Svezia è nato per la prima volta il "Partito dei Pirati", come spiritosamente si autodefiniscono i fondatori. La sua nascita assomiglia un po' a quella del Partito dei Verdi di qualche decennio fa: sembrava un goliardata ma i Verdi sono arrivati ad ottenere anche il 15% nelle socialdemocrazie nord-europee. Certo, in Italia non sarebbe mai potuto nascere, considerando il qualunquismo imperante e la scarsa consapevolezza dei propri diritti: si preferisce scaricare a sbafo, piuttosto che elaborare politicamente le problematiche di copyright e privacy. Riportiamo qui l'intervista che Federico Mello ha realizzato per Generazione Idrogeno.

Rickard Falkvinge, fondatore del Partito dei Pirati. Da chi è composto il PIRATPARTAIT?
Nel Piratparitet abbiamo molti militanti giovani, ragazzi nati negli anni 70 e 80. I leader, invece, un po' più grandi, sono persone che conoscono a fondo, e dall'interno, il mondo delle aziende informatiche. [...]
I militanti sono giovani cresciuti con la tecnologia e perciò in grado di sfruttare al massimo tutte le potenzialità di Internet. Sono ragazzi che denunciano come opprimente, soffocante, la costante opera di lobbyng di tutte quelle aziende che, appartenendo "al passato", lavorano soltanto per preservare la propria posizione dominante sul mercato. I nostri militanti sono persone che oggi dicono basta a questa situazione e stanno provando ad organizzarsi. Noi vogliamo dargli questa possibilità.

Allora voi chi siete?
Noi, i fondatori PIRAPARTIET, siamo ex dipendenti di aziende informatiche: conosciamo perciò profondamente, e dall'interno, il mondo dei copyright e dei brevetti informatici. Io, leader e presidente del partito, ho una profonda conoscenza di Microsoft, avendo lavorato nel quartier generale di Redmond. Il vice presidente, Christian Engström, è stato titolare di un agenzia di registrazione marchi, venendo così a contatto con numerosi avvocati specializzati in brevetti. Christian ha in seguito abbandonato questa professione ed è diventato, a Bruxelles, un attivista a tempo pieno della campagna contro i brevetti.

Quali sono le questioni principali per le quali vi siete costituiti?
Noi lavoriamo su tre obiettivi: la drastica riduzione del copyright, la completa abolizione dei brevetti, e il diritto di ognuno alla privacy.

Facciamo un po' di chiarezza però. Che differenza c'è tra marchi da un lato, e copyright e brevetti dall'altro?
Il marchio è uno strumento per identificare un venditore nel mercato. Esempio di marchi registrati includono la forma della bottiglia di Coca-cola, il logo Mercedes, ecc.. Bisogna dire, perciò, che i marchi sono uno strumento utile, sono una garanzia contro attori fraudolenti sul mercato.
Brevetti e copyright, invece, portano alla costruzione di monopoli, rispettivamente, sulla conoscenza e sulla cultura. Se io posseggo un brevetto su un macchinario, tu non potrai né costruirlo né vederlo, anche se non ai mai sentito nominare né me, né tantomeno il mio brevetto. Se io posseggo il copyright su un prodotto della cultura o dell'ingegno, come può essere un brano musicale, tu non potrai neanche fischiettarlo per strada (ciò, oggi, è terribilmente vero: può essere considerata un'esibizione in pubblico). Tutto ciò va contro lo scopo originale per il quale è stato creato il copyright: promuovere cultura e innovazione.
I marchi vennero creati per tutelare i CONSUMATORI. I monopoli ed brevetti esistono unicamente a tutela di monopoli e monopolisti.

Su questi vari aspetti, quindi, qual è la vostra posizione?
Abbiamo avuto recentemente il nostro congresso annuale, nel quale specificato meglio le nostre posizioni. Crediamo che il livello di protezione di cui godono oggi i marchi vista l'attuale legislazione, possa essere soddisfacente. Per quanto riguarda i copyright, più che per l'abolizione totale, siamo a favore di una drastica riduzione sia per durata temporale, che per la tipologia di prodotti protetti. Per esempio, non dovrebbe esserci copyright su filesharing "no profit", mentre un periodo di copertura di cinque anni per i prodotti commerciali sarebbe più che sufficiente.

Nel vostro manifesto voi affermate di essere un "single issue party" un partito che si occupa solo di una questione. Non è un po' riduttiva come scelta?
Abbiamo scelto una strada che nessun partito ha mai preso finora. Sono già esistiti "single issue party", questi però si sono dotati in seguito di una piattaforma completa di proposte politiche. Per questo motivo sono stati spazzati via in quanto non comprendevano a pieno tutte le questioni che non riguardavano direttamente la loro battaglia principale. Noi invece abbiamo scelto tre questioni (riduzione del copyright, abolizione dei brevetti, tutela della privacy) e su queste siamo competenti più di chiunque altro. Su qualsiasi altro tema la nostra risposta è "scusate, non ci occupiamo di questo argomento".

Vi considerate di destra o di sinistra?
Il PIRATPARTIET è il partito per la gente che considera copyright, brevetti e privacy questioni più importanti delle differenze tra lo schieramento conservatore e quello socialista. Quando il governo va contro i suoi stessi cittadini, non interessa più niente a nessuno se l'IVA è al 19 o al 20%.
Abbiamo perciò deciso, attivamente, di non prendere opinione su ogni altro tema. Se decidi di schierarti sotto questa bandiera, lo fai perché riconosci che nel PIRATPARTIET molto persone la pensano su molte cose in maniera differente, ma riconosci anche che abbiamo deciso di mettere da parte le nostre differenze per unirci su una battaglia che viene prima di ogni altra.

Pensi che qualcosa di simile al vostro PIRATPARTIET possa nascere in qualche altro paese (europeo o meno)?
Penso certamente che possa avvenire. Servono solo un paio di fanatici in grado di raccogliere una massa critica. Il movimento dei pirati ha cominciato a svilupparsi proprio in Svezia, grazie soprattutto al "Pirate Bureau" (un istituto autorevole tenuto in alta buona considerazione anche dai media), con loro la Svezia è stato il primo paese a portare tali questioni all'attenzione dell'opinione pubblica.
Un percorso simile forse sarebbe più difficile in UK o negli Stati Uniti, visto il loro un sistema politico bipartitico. Ma qualcosa di simile potrebbe delle nascere in molte nazioni europee.

La nascita del vostro movimento ricalca per certi versi la nascita dei partiti ambientalisti in Europa all'inizio degli anni ottanta. Non trovi?
Più di un giornalista ha paragonato il nostro movimento dei pirati ai movimenti ambientalisti degli anni 80. Ci sono effettivamente numerose similitudini; ambedue i movimenti sono movimenti di base, nascono dal basso. Inoltre ambedue sono nati in risposta alle grandi corporation e soprattutto agli ingenti costi esterni che queste impongono alla società. Così come l'uso del gas Freon o del DDT, imponeva a tutti pesanti costi esterni, cosi l'attuale legislazione su brevetti e copyright impone a tutti enormi costi secondari sulla cultura e sull'innovazione.

Si può parlare in Europa di una "variabile generazionale" su alcune temi? Le nuove generazione hanno dei tratti specifici che li distinguono dalle generazioni precedenti?
Sicuramente! I politici subiscono spesso contestazioni, ma questo avviene perché hanno deliberatamente scelto di non prestare nessun ascolto alle nuove generazioni(potremmo dire semplificando nessuno che abbia meno di 35 anni). I politici continuano a lamentarsi perché oggi i giovani non si interessano di politica. Ma questo è un mito! È vero piuttosto che oggi i politici non si occupano di tutto ciò che INTERESSA alle nuove generazioni, non è vero che i giovani non si interessano di politica: non sono interessati a ciò di cui discutono i politici. Il 60% dei nostri militanti è nato negli anni ottanta. Non sono certo pochi per una gioventù "che non si interessa di politica". Nel PIRATPARTIET abbiamo una composizione anagrafica in grado di spazzare via i partiti politici tradizionali.
Inoltre, credo che color che sono nati negli anni 70 e 80 abbiano imparato a mettere maggiormente in discussione il potere costituito di quanto abbiano fatto, per dire, i nati negli anni 40 e 50. E questo, secondo me, è un buon auspicio per gli anni a venire.

"Il Partito dei Pirati" Compilation

Edoardo Bennato: NEL COVO DEI PIRATI
Julio Iglesias: SONO UN PIRATA, SONO UN SIGNORE
Lotte Lenya: PIRATE JENNY
Milva: JENNY DEI PIRATI
Collage: TU MI RUBI L'ANIMA
Beppe Cardile: L'AMORE E' PARTITO

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Intervista interessante... non ho tempo ora, ma meriterebbe qualche commento (in particolare sulla pretesa utilità del marchio per i consumatori: una vera e propria bufala, giacché da nessuna parte si impone al titolare o al licenziatario di un marchio di utilizzare lo stesso solo per produrre beni di qualità non inferiore alla media o, comunque, di garantire al consumatore in altro modo la qualità del prodotto).

Quanto al diritto d'autore/copyright... indubbiamente il leader del partito dei pirati ha più di un buon argomento da spendere e non si può che essere - generalmente - d'accordo. Chiarito l'effetto demolitorio delle logiche attuali, occorrerebbe, tuttavia, comprendere meglio quale sia la "pars construens" del loro programma. Quasi tutti i "profeti" del no-copyright o del copyleft si scagliano (in larga parte con ragione) contro le majors, ma non sono particolarmente chiari sulla sorte che andrebbe riservata agli autori (quelli veri). E, forse, questa è la ragione per la quale questo genere di approccio non "sfonda" tra gli autori (i quali, poi, prestano - più o meno consapevolmente - la loro faccia per campagne oscurantiste... tipo SIAE).

Un approccio leggermente diverso è quello adottato da Stallman e Lessig... ma non mi pare che - al di là del formale tributo che si rende a questi due autori - se ne sia compreso a fondo il pensiero. E così, soprattutto nel circuito degli informatici italiani, stiamo assistendo alla riedizione del "Manifesto dei comunisti" del 1848 ;-) con gli oppositori del diritto d'autore che straparlano di abolizione del diritto o di collettivizzazione delle opere dell'ingegno (senza neppure considerare quale fosse, a suo tempo, il regime delle opere dell'ingegno in URSS).

Insomma - e Chartitalia, più o meno, conosce le mie posizioni (non certo neo-marxiste) - sposo appieno il pensiero di Lawrence Lessig: così come un libero mercato non è privo di proprietà, anche una libera cultura può convivere con la proprietà (intellettuale). "Ma proprio come il libero mercato si corrompe se la proprietà diventa feudale, anche una cultura libera può essere danneggiata dall'estremismo nei diritti di proprietà che la definiscono" (L. Lessig, Cultura libera, Milano, 2005, p. 3 e passim).

A (s)proposito... il brano di Edoardo Bennato richiamato nella classifica finale si intitola "NEL COVO DEI PIRATI" (tratto da "Sono solo canzonette").

chartitalia ha detto...

Gianluca, grazie per la segnalazione sul pezzo di Bennato: già corretto (ehm... diciamo che l'ho fatto apposta a sbagliare per vedere se eravate attenti...)

per il resto credo che gli estremismi di siae e pasdaran del copyright cuasino l'opposto estremismo dei detrattori del copyright e dei partiti dei pirati: probabilmente è una fase storica inevitabile e ci vorrà qualche decennio prima che entrambi convergano ad una mediazione

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