A tutti noi, prima o poi, è capitato di divenire isterici a causa di una frustrante chiamata a qualche tipo di call center, o di essere continuamente importunati da qualcuno che cerca di venderci per la quarantesima volta una linea ADSL. Beh, certamente il vostro atteggiamento nei confronti di quegli oscuri operatori all'altro lato della cornetta sarebbe diverso se aveste letto l'eccellente saggio di Claudio Cugusi intitolato Call Center - Gli schiavi elettronici della new economy. Il libro è un'amara testimonianza degli effetti devastanti di questo governo e delle sue leggi: questa volta è dovuto alla legge 30, la Maroni, quella sulla "flessibilità" del lavoro, nota anche, impropriamente, come legge Biagi. "Flessibilità" a senso unico che comprime la vita di chi risponde al telefono per sei, otto ore al giorno. Senza poter lasciare la postazione, costretto a confidare sulla tenuta dei propri reni, senza poter legare con i colleghi, appendice meccanica di un terminale e del sistema di telefonia: "carne da cannone a guardia di batterie di computer e telefoni sistemati dentro capannoni di periferia delle metropoli", come vengono definiti dallo stesso autore.
La prossima volta che ci capita di interagire con qualcuno di questi operatori, teniamo presente il senso di frustrazione e di inutilità sociale che colpisce ragazzi dai sogni traditi e casalinghe costrette ad arrotondare al telefono. Costretti a vendere contratti a ritmi serrati, o dichiarare di averlo fatto anche se non è vero, se sono addetti alla vendita. Devono far cadere la linea quando il dialogo con il cliente si fa lungo, se sono addetti all’assistenza. Devono intrattenere il cliente con ogni scusa o lasciarlo in attesa prima di dargli le informazioni richieste, se la chiamata non è a carico del call center ma vale invece cinque euro e più. Consideriamo però che non sono loro i responsabili ma l'azienda che rappresentano ed è verso questa che dovremmo rivolgere la nostra indignazione.
Ma la situazione dei 400.000 lavoratori dei call center tende a non essere più una eccezione, ma la regola: per 15 anni, al di là dei governi che si sono succeduti, le politiche del lavoro sono andate, dichiaratamente, dalla parte dell’imprenditore, per alleggerire il costo del lavoro. Via via restringendo i diritti dei lavoratori per rafforzare soltanto i diritti dei datori, regalando a imprenditori e "prenditori" vagonate di soldi pubblici con la promessa (sbandierata ma tradita) dell’aumento dell’occupazione.
Fino ad arrivare all'apoteosi di questo governo, in cui gli imprenditori non devono più chiedere soldi al governo ma se li prendono direttamente senza chiedere permesso a nessuno in quanto coincidono con il governo stesso.
Ci sarebbe abbastanza per riflettere e cambiare strada.
22 gennaio 2006
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento
Tu sei libero di dire quello che vuoi. Io sono libero di cancellare quello che voglio. In particolare, i commenti ingiuriosi e/o stupidi si autocancelleranno.
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.