Premesso che chi vota questa destra mi fa schifo, esaminiamone uno dei tanti motivi: il razzismo non più strisciante ma dilagante sopratutto in Lombardia, la regione che una volta si piccava di esssere la regione più europea tra quelle italiane. E ciò con la connivente e vile connivenza di organizzazioni che si riempiono la bocca di valori cristiani, quali Comunione e Liberazione, di cui il nostro Firmigoni è il massimo esponente.
I diritti fondamentali li disciplina lo Stato. E meno male, perché oltre alle scandalose iniziative nei confronti delle libertà personali e degli stili di vita (vale solo il suo), Formigoni e la Lombardia hanno offerto il meglio di sé, in questi anni, anche sulle questioni legate al tema dell’immigrazione. Formigoni “ha dato fuori il lavoro”, in outsourcing, affidando completamente la produzione legislativa e lo spazio politico su questi temi alla Lega Nord. Lui è via via scomparso. Ed è curioso che sia accaduto, perché Formigoni, uomo enciclopedico, tende a occuparsi di tutto, fuorché degli stranieri.
Sugli immigrati, lui lascia fare. Lascia fare ai sindaci della Lombardia e del Nord, senza mai commentare le ordinanze assurde che hanno caratterizzato l’attività amministrativa di questi anni. Lascia fare ai leghisti, anche quando sono in palese disaccordo con lui. Formigoni, per esempio, è favorevole alla costruzione di una moschea a Milano, anche in previsione di Expo 2015 (la solita formula ‘omerica’ che accompagna ogni iniziativa che è realizzata nel territorio lombardo, a parte ovviamente Expo 2015 che, se vanno avanti così, Formigoni e Moratti nemmeno riusciranno a organizzare).
Lui è favorevole, ma non si preoccupa che tutti gli esponenti della sua maggioranza e della sua giunta dicano e facciano il contrario, con il risultato che una soluzione per l’individuazione di un luogo di culto permanente per i seguaci dell’Islam è molto lontana dall’essere trovata. E allora via con una curiosa danza della discriminazione, case solo ai lombardi, contenziosi infiniti, ricorsi che si susseguono, controversie nelle quali la Regione ha quasi sempre torto (e quando si esprimerà la Corte Europea potremo togliere anche il quasi). Abbonamenti del trasporto pubblico negati anche a chi ha motivi sanitari per richiederli, come è accaduto a un cittadino egiziano. Una legge contro i phone center, elaborata all’inizio della legislatura, fatta apposta per farli chiudere, bocciata in numerose occasioni dai Tar e definitivamente cancellata dalla Corte Costituzionale, dopo che tutto però era stato fatto e ‘consumato’ con la chiusura di centinaia di centri di telefonia fissa e danni ingenti agli imprenditori che li avevano aperti.
Norme fatte apposta per rendere difficile la vita degli operatori, criteri restrittivi, termini ultimativi e praticamente impossibili da rispettare, la totale chiusura al confronto con chi legittimamente protestava per difendere la propria attività. E poi, alla fine del mandato, la legge contro i kebab, che ha coperto di ridicolo la Regione in tutto il mondo, perché finiva con il vietare, curiosamente, il consumo del kebab (e del gelato, ad esempio) sul marciapiede antistante l’esercizio, con una norma incomprensibile, fatta per fare parlare di sé e che è servita perfettamente allo scopo, anche grazie al ruolo delle opposizioni, che hanno rovesciato la frittata (forse, meglio, proprio il kebab). In realtà, una legge praticamente inutile, e la sfida ai kebab pronta per essere nuovamente ‘servita’: il risultato è una pessima figura nazionale e internazionale e una provocazione che è rimasta tale.
Come abbiamo affermato in quella e altre occasioni, non c’è alcun bisogno di leggi speciali e ad hoc che riguardino solo ed esclusivamente gli stranieri e le loro (libere, come dovrebbero essere) attività. Le leggi vigenti sono sufficienti e si è perso molto tempo solo per fare un po’ di demagogia fine a se stessa e per discutere una norma che fa pensare a quella che qualcuno ha voluto chiamare “intolleranza alimentare”. Proprio così. Irresponsabilità e immaturità di un ceto politico che in Lombardia è bravissimo a strumentalizzare i singoli episodi e a cavalcare le proteste, ma che si è dimostrato del tutto incapace di attivarsi per affrontare, con gli strumenti della politica, il difficile nodo dell’integrazione, dell’intercultura e della convivenza. Una grande regione europea senza un piano per l’immigrazione, senza un assessore che se ne occupi con un lavoro organico e complessivo, un ente che spreca le preziose ricerche dell’Ismu, che non ha sedi di dibattito e di indirizzo politico del problema e dell’opportunità rappresentati dall’arrivo di centinaia di migliaia di persone da paesi vicini e lontani. Una Regione straniera, in cui si fa molta demagogia, parecchia propaganda e in cui non si è riusciti a offrire ai cittadini italiani e stranieri alcuna soluzione concreta.
Tutta colpa della sinistra, ovviamente, o, al limite, del cardinale Tettamanzi, colpito da una pesante aggressione da parte della Lega, sanata (si fa per dire), in uno degli ultimi consigli regionali, da una curiosa mozione in cui anche i leghisti si sono detti dispiaciuti per gli attacchi ricevuti dal cardinale. Gli attacchi erano i loro. Formigoni non c’era, del resto: aveva già inaugurato la stagione delle inaugurazioni e delle cerimonie.
Zero soldi sulla multicultura, sul dialogo interculturale e religioso e invece... Nel 2006, ad esempio, il 5 aprile la Giunta stanzia la prima tranche di finanziamenti alle iniziative di promozione culturale (legge 9/93) organizzate dagli operatori e dagli enti locali della Lombardia: un milione e 688mila eurole risorse complessivamente impegnate per i 127 progetti che hanno passato la selezione. Scorrendo la graduatoria e gli importi assegnati, si trova conferma di una interpretazione della legge 9 più volte denunciata come discrezionale dai consiglieri di opposizione, che l’assessore leghista Albertoni porta avanti ormai da un quinquennio: a poco sono valse le schermaglie interne al centrodestra per arginare la deriva localistico-identitaria perseguita dal Carroccio e malvista da diversi esponenti di An e di Forza Italia.
Alla rievocazione del “giuramento della Concordia” di Pontida andranno dunque 12mila euro; altrettanti alla rassegna folkloristica “La Dona del Zuc” di Vezza D’Oglio e alla sagra del vino in Valcamonica “Al Scior del Torcol”; 13mila se li aggiudicano gli insubri per il 4° Festival Celtico dell’Insubria e del Ticino, 15 mila ciascuno alla Associazione Liberi Escursionisti Padani, costola alpina del partito di Bossi con sede nella stessa via Bellerio; al comune di San Genesio e Uniti (Lega) per la rassegna Battaglia di Pavia; e al comune di Adro (Lega) per l’iniziativa “Con il riso e con il canto dilettando correggo costumi”; 20mila rispettivamente al Palio del Baradello di Como; alla settima edizione di Samonios, il Capodanno Celtico al Castello Sforzesco di Milano; e all’associazione Gens d’Ys, l’accademia di danza irlandese di Busto Arsizio.
Passano anche i 10mila euro per la VII edizione di Celtic Days della Confraternita del Leone e i 9mila all’Antica Credenza di Sant’Ambrogio. Un sostanzioso contributo di 50mila euro va al Dominato Leonense, emanazione della Cassa Padana. 40mila euro, infine, sono stati assegnati alla Provincia di Varese per “Festival Note Radici” il concorso di brani musicali scritti in uno dei dialetti lombardi presenti nella Regione Lombardia, nelle province piemontesi del Verbano Cusio Ossola e di Novara e nei dialetti dei Cantoni Svizzeri del Ticino e delle valli italiane dei Grigioni .
Quel che lascia più perplessi è la contestuale assegnazione di contributi di ugual misura ad iniziative quali La Giornata Fai di Primavera (20mila euro), al Festival internazionale della letteratura di Mantova (15mila) o al Film Festival Internazionale di Milano (15mila). Eventi di portata internazionale messi sullo stesso piano di iniziative di puro sapore localistico proposte da gruppi spesso legati ufficialmente al Carroccio. La Lombardia non può permettersi di sprecare risorse preziose in una cultura delle contrade e dei campanili che non è, e non è mai stata, il segno distintivo dell’identità di una terra storicamente aperta agli scambi, al commercio e alla contaminazione. Soprattutto oggi che migrazioni e globalizzazione dovrebbero essere affrontati con strumenti critici sofisticati, ben diversi dal panorama da strapaese offertoci dalla giunta Formigoni.
Umberto da Giussano e la prefazione della libertà. Ai consiglieri regionali della Lombardia è arrivato un fantastico cadeau natalizio in occasione del Natale 2009 e delle feste di fine legislatura. Si tratta del volume Barbarossa. La libertà non si dona. Si conquista, pubblicato dall'assessorato alle Culture, identità e Autonomie della Lombardia Massimo Zanello. A presentare la ricchissima strenna, con una sofisticata prefazione, è Umberto Bossi “di persona, personalmente". Con tanto di foto a tutta pagina. «Alberto da Giussano – queste le prime parole della presentazione – è un personaggio che amo molto, in lui rivedo e rivivo quello spirito che muove un popolo a conquistare i propri diritti».
Del resto, Bossi ce l'ha appuntato anche sulla giacca, l'Alberto, insieme all'imprescindibile fazzoletto verde del Sole delle Alpi. «È un libro anomalo», precisa l'ospite inatteso della pubblicazione, «quasi di accompagnamento al film», in cui «Barbarossa in realtà non è il protagonista principale». A scanso di equivoci, Federico I è solo "il supporto alla figura carismatica di Alberto da Giussano". Così Bossi: per chi non lo avesse capito, libro e film si occupano soprattutto di lui. Alberto, come Umberto, come Roberto: uno di noi.
La campagna preventiva. Non è solo la Lega ad approfittarsene. «O è uno slogan, o sei in Lombardia». Era lo slogan – appunto – che reclamizzava nel 2007 la straordinaria riforma del sistema dell'istruzione e della formazione propagandata dalla Giunta regionale molto prima che la legge di riforma fosse promulgata e addirittura prima che il progetto di riforma fosse presentato dalla Giunta e arrivasse in Commissione. Avete capito bene: il progetto non era nemmeno stato reso noto, e già la regione pullulava di manifesti pubblicitari.
Una metafora perfetta del modo di lavorare della Regione Lombardia. Abbiamo più volte chiesto chi abbia pagato questa campagna e abbiamo scoperto che la campagna è stata finanziata con i fondi del Fondo Sociale Europeo, spesso utilizzato dalla Regione come “serbatoio” di iniziative molto discutibili. In occasione dell'assestamento di bilancio, abbiamo denunciato l'incremento del
25% delle spese destinate alla comunicazione, per un totale di euro 5.250.000. Non sapevamo ancora che la più massiccia campagna di comunicazione che la Regione abbia avuto nei primi mesi del 2007 fosse estranea al budget già ricchissimo e aumentato oltre le previsioni già generose.
Il Tarlo è asiatico, i risultati lombardi. Leggiamo sul Corriere della Sera del 25 agosto 2008, un pezzo di Sara Regina dedicato a un’altra famosa campagna informativa che non ha dato i risultati sperati:
«Tarlo asiatico, un pericolo per il nostro ambiente»: chi non ha letto almeno una volta, negli ultimi due mesi, i manifesti affissi in metropolitana? Sì, quelli con la fotografia del temutissimo tarlo (nome scientifico anoplophora chinensis) in primo piano, fortemente ingrandito, con la schiena nera maculata di bianco, le zampe bluastre e le lunghe antenne bicolori sporgenti. Da noi è arrivato soltanto nel 2000, forse trasportato allo stadio di larva in qualche bonsai; ma in Asia, dalla Cina alla Corea, lo conoscono da secoli. […]
L'appello ai cittadini è inequivocabile: «Attenzione! Questo insetto è innocuo per l'uomo, ma pericolosissimo per le nostre piante. Se lo vedi, segnalalo immediatamente». Seguono i recapiti: tel. 840.000.001 e 02.69.96.70.01, indirizzo email tarloasiatico@regione.lombardia.it. Migliaia di persone hanno sicuramente letto questo avviso su manifesti e volantini, distribuiti anche nelle scuole e nei Comuni, o visto lo spot in televisione; è stata la prima volta in Italia che si è fatta una campagna informativa così completa e massiccia a proposito di un problema di tipo fitosanitario. Ma in quanti hanno chiamato? E soprattutto: chi ha visto per davvero il tarlo asiatico?
Abbiamo girato la domanda all'assessore regionale all'Agricoltura, Luca Daniel Ferrazzi, che si dice «molto soddisfatto dell’esito della campagna informativa»: i contatti tramite call center sono stati 157, e 114 quelli tramite e-mail. Insomma, quasi 300 segnalazioni da parte di cittadini che hanno visto, o meglio hanno creduto di aver visto, il famoso tarlo. Già, perché finora nessuno delle segnalazioni si è rivelata fondata, anche se le verifiche sono ancora in corso. «Fortunatamente i contatti non hanno variato la situazione pregressa, in quanto rivelatisi falsi allarmi», riferisce l'assessore. Tuttavia, aggiunge, «i cittadini lombardi hanno certamente dato prova di responsabilità e dinamicità volte alla tutela del bene comune, da parte di tutti. Un ringraziamento sentito a quanti hanno recepito il messaggio della nostra campagna, e si sono attivati collaborando con noi in qualità di "sentinelle sul territorio"».
Insomma, per ora soltanto falsi allarmi, ma è bene non abbassare la guardia […]. Per il triennio di lotta 2008-2010, la Regione dovrebbe spendere intorno agli 8 milioni di euro; il Servizio Fitosanitario sta sorvegliando con una ventina di ispettori le aree a rischio ed eliminando oltre quattromila piante. Triturare e incenerire gli alberi colpiti e quelli circostanti è l'unico modo per debellare il tarlo, distruggendo anche le larve.
I manifesti sono stati affissi in estate, il periodo in cui gli insetti sono visibili allo stadio adulto: da settembre/ottobre saranno presenti allo stadio larvale (che dura circa due anni) all'interno del legno delle piante. A giorni dunque riprenderanno gli abbattimenti, con una previsione di circa 2000 piante entro fine 2008. Insomma, occhi aperti ancora per qualche giorno: se avvistate un vero tarlo asiatico, sapete che cosa fare. E sareste i primi.
Se il tarlo è asiatico, il call center… Ha sede a Paternò, la città che ha dato i natali al ministro Ignazio La Russa, al fratello Romano (assessore regionale) e a Salvatore Ligresti. 18 chilometri da Catania e 1362 da Milano. Lombardia Call si chiama il servizio, radicato nel territorio (siciliano). Sei giorni la settimana, 400 operatori, pagati dalla Regione, rispondono a migliaia di cittadini in cerca di visite. Tutti i centri prenotazione degli esami e delle visite in Lombardia sono stati smantellati. Delocalizzazione: proprio quella cosa che la leghistissima Lombardia denuncia e stigmatizza ogni volta che può ed è la prima a praticare.
I rapporti tra politica e media regionali. Il caso Prosperini. Avremmo preferito che Piergianni Prosperini si dimettesse per altri motivi, non per i reati che gli sono stati contestati, che fanno riferimento alla sua continua presenza televisiva e a quelle trasmissioni, piene di 'simpatico' razzismo, di intolleranza folk e di attacchi al 'diverso', con messaggi analoghi a quelli contenuti nei suoi incredibili (e discutibili) calendari: tutti strumenti che gli sono sempre serviti per raccogliere tante preferenze (tantissime).
Avremmo preferito che Prosperini si dimettesse per i toni eccessivi spesso frequentati in questi anni, all'insegna dell'omofobia (come quando chiese la garrota per i gay, per poi scusarsi come in una famosa scena di quel film). Oppure per le continue battute di pessimo gusto sugli stranieri, con fare 'brillante', s'intende. Invece Formigoni ha inteso ritirargli le deleghe solo ora. Le accuse che gli sono state rivolte sono gravi e riguardano proprio uno dei temi più delicati della vicenda politica lombarda. I rapporti tra politica e media, la presenza ingombrante di alcuni soggetti politici (indovinate di quali si tratta) e l'oscuramento di altri. Un tema italiano, lo sappiamo tutti, ma lombardo in un senso più particolare e diverso: perché qui sono la maggioranza e il governo regionale ad avere una visibilità sconfinata, sulla base di un sistema informativo che è spesso sembrato morbido nell'opposizione e prodigo nei confronti dell'azione di governo di Formigoni dei suoi, anche perché annoverava tra i propri clienti proprio la Regione Lombardia.
Migliaia di spot a pagamento, commissionati dalla Regione, con gli assessori come imprescindibili protagonisti. Se le accuse a Prosperini fossero confermate, emergerebbe, nel suo caso, un terribile scambio. Quello tra appalti truccati a favore di una impresa radiotelevisiva e la continua presenza in tv di chi li gestisce. Un fatto giudiziario, certamente, ma anche di straordinario significato politico. Perché chi va in tv più spesso e può farlo al di fuori dalle regole e dal rispetto della legge, poi prende più voti. Non è automatico, ma 'aiuta'. E la promozione del lavoro istituzionale, puntualmente trasformata in una grande occasione di promozione elettorale (e le intercettazioni pubblicate sembrerebbero confermare questo modus operandi), è lo strumento più semplice per invadere le televisioni locali di messaggi straripanti.
Alla luce di questa indagine e della presunta colpevolezza dell'assessore, non possiamo fare finta di niente. E dobbiamo chiedere che vi siano garanzie e strumenti precisi e, finalmente, efficaci perché la democrazia televisiva in Italia non soffra ancor più di quanto è capitato negli ultimi anni. Anche e soprattutto nelle realtà locali, dove si forma quel consenso che spesso più che "radicato nel territorio" è radicato nella testa delle persone. E nel loro sguardo, fisso (e, a volte, perso) davanti a un televisore.
(da "Il libro grigio della giunta Formigoni" di Giuseppe Civati & Carlo Monguzzi)
Puntate precedenti:
Q come Quarto mandato (a casa)
P come Pannelli solari
O come Oil for Food
N come Nuova sede, vecchi sprechi
M come Malpensa
L come L'Aquila
I come Idrogeno
H come Haiti
G come Giustizia ad orologeria
F come Ferro (poco) e smog (parecchio)
E come Eluana
D come Diritti negati
C come Comunione e Liberazione
B come Bonifiche (e Bonifici)
A come Arese
Cielo grigio su, cielo grigio giù
20 marzo 2010
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1 commento:
guarda sulla politica hai probabilmente ragione.. su cl no, potranno essere un gruppo di lobotomizzati ma alle cose che dicono ci credono.
saluti
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